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Il generale Della Rovere

Regia di Roberto Rossellini vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il generale Della Rovere

di fixer
8 stelle

Spesso, per capire la situazione attuale o, più in generale, di che pasta siamo fatti noi italiani, è più utile vedere un film che studiare certi trattati sociologici ponderosissimi ma spesso troppo astrusi ed avulsi dalla realtà quotidiana. Indro Montanelli, uno dei maggiori giornalisti del nostro tempo recente, conosceva bene gli italiani. Li aveva conosciuti prima della guerra, durante e poi. E i suoi giudizi non erano certo benevoli. Per avere un’idea di come fosse messa l’Italia e gli italiani a metà degli anni ’40, potrebbe essere illuminante vedere questo film, basato su un racconto dello stesso Indro e diretto da uno dei nostri migliori registi di sempre e cioè Roberto Rossellini. Il fatto è frutto di finzione, (anche se ci sono elementi riconducibili a fatti veri)ma, spesso, la finzione è più credibile della realtà. Un volgare truffatore diventa ad un certo punto un eroe. Nulla di particolarmente nuovo, si potrebbe dire. Ma la cosa si fa decisamente intrigante quando, man mano che il film avanza, scopriamo che questo cialtrone potrebbe simboleggiare, udite, udite, l’italiano in generale. Ce lo rivelano le ultime parole dell’ufficiale tedesco che, deluso e sorpreso dall’esito imprevisto del suo disegno, si lascia sfuggire una frase che svela il vero punto nodale dell’intero film. “Ho sbagliato io nel giudicarlo”.

Qualcosa di simile accade alla fine de LA GRANDE GUERRA, quando i due protagonisti (Sordi e Gassman), due veri scansafatiche e lavativi, messi di fronte a una scelta suprema, rifiutano di collaborare col nemico e preferiscono essere fucilati. Monicelli e Rossellini (e ovviamente Montanelli) sono concordi nel denunciare tutti i vizi e le debolezze degli italiani, i quali poi, davanti a una scelta decisiva per i loro destini, sono capaci di riscattare, con una morte nobile, tutte le furberie, le bassezze e le figuracce di una vita intera.

Noi italiani siamo abbonati alle figuracce; basterebbe leggere quanto scrive Montanelli partendo dall’Unità d’Italia: il nostro Paese ne esce malissimo. Molto peggio di quanto scrivono eminenti storici stranieri, stranamente più indulgenti. Conoscendo bene noi stessi, rifuggiamo dall’indulgenza e laceriamo le nostre carni quasi con voluttà, ebbri di compiaciuto piacere nel dimostrarci più realisti del re e nel mettere a nudo i nostri peggiori difetti. Bertone (Vittorio De Sica) è uno che si arrabatta per campare in un Paese ormai in sfacelo. Per farlo, non disdegna di vantare amicizie (fasulle) nel comando tedesco e carpire la buona fede di familiari di persone arrestate dagli occupanti al solo scopo di spillare loro denaro, cercare di appioppare patacche a sprovveduti, vivere dei più miserevoli espedienti, sempre pronto a gabbare il prossimo (fossero pure amici, amanti) pur di racimolare qualche soldo per perderlo magari subito dopo al gioco. In breve, è un miserabile mascalzone. I tedeschi lo arrestano perché lo ha denunciato una povera donna il cui marito è stato fucilato dai nazisti, furiosa  per essere stata presa in giro da Bertone che invece le assicurava che presto sarebbe stato liberato. Il comandante tedesco, che lo conosce, escogita un piano per scoprire i capi della Resistenza. Facendogli assumere l’identità di un generale badogliano, Della Rovere, lo fa imprigionare nel carcere in cui si trova il capo della resistenza a Milano, di cui però non si conosce la vera identità. Egli dovrà scoprirlo e denunciarlo al comandante. Il finale è del tutto imprevisto. Bertone si immolerà, interpretando, stavolta in modo eroico, l’ennesimo atto di cialtroneria stavolta contro il proprio tornaconto.

Bertone insomma rappresenta l’italiano “furbo”, inaffidabile, cialtrone e superficiale pronto a tutto pur di trarre vantaggi. Salvo poi, davanti al disprezzo del mondo intero, essere capace, in uno scatto d’orgoglio e dignità, riscattare una vita miseranda con un atto eroico sublime. Pensavo a Bertone quando, recentemente, a Bruxelles, Sarkozy e la Merkel si permettevano sorrisini tra l’ilarità dei presenti, nei confronti del nostro Paese. Salvo poi, di fronte a una manovra disperata, a una leadership seria ed autorevole, assumere un atteggiamento di rispetto quale si conviene verso una Nazione fondatrice dell’Europa.

Rossellini durò molta fatica a convincere De Sica ad interpretare un ruolo drammatico: ma il risultato gli diede ragione. E’ una delle sue migliori interpretazioni. E’ memorabile il suo discorso improvvisato davanti al plotone di esecuzione, quando approfittando del falso ruolo affidatogli dai nazisti, lo capovolge riappropriandosi, in un batter d’occhio, della propria dignità e del proprio orgoglio di italiano. Così come è straordinariamente “vero”, “autentico” il momento in cui, mentre i detenuti attendono, ignari, il plotone d’esecuzione, il rabbino chiama a raccolta i suoi, consapevole di ciò che sta per accadere. E non è retorico il modo in cui Bertone apostrofa il comandante Muller (un grande Hannes Messemer) che gli ordina di denunciare i capi della Resistenza. “Che ne sa lei di cosa può accadere in  notti così?”.

Rossellini realizza un film magistrale perché riesce come nessuno a unire il dramma alla commedia, a interpretare in modo così autentico lo spirito, l’animo italiano, pronto a farsi sbeffeggiare, deridere, umiliare ma capace anche, arrivato il momento decisivo, di riscattarsi in un estremo e sublime atto di dignità.

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