Espandi menu
cerca
Ichi the Killer

Regia di Takashi Miike vedi scheda film

Recensioni

L'autore

AndreaVenuti

AndreaVenuti

Iscritto dal 29 dicembre 2014 Vai al suo profilo
  • Seguaci 38
  • Post 36
  • Recensioni 622
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Ichi the Killer

di AndreaVenuti
9 stelle

Ichi the Killer è un film giapponese del 2001 diretto da takashi Miike, la sceneggiatura è firamata da Sakichi Sato (collaborerà nuovamente con Miike per quel capolavoro di Gozu: //www.filmtv.it/film/38085/gozu/recensioni/950659/#rfr:film-38085); il film è tratto dall'omonimo manga di Hideo Yamamoto.

locandina

Ichi the Killer (2001): locandina

Ichi the killer fin dai tempi della sua uscita si è guadagnato il titolo di cult movie, soddisfando i gusti di molti amanti del gore estremo e sulla carta il celebre regista nipponico (chi ama il cinema asiatico conosce Miike) realizza un film con sequenze abominevoli contraddistinte da un numero elevato di cadaveri smembrati dalla testa ai piedi; in realtà quest'opera è molto più complessa e stratificata rispetto un semplice splatter-movie e Miike in circa due ore condensa tutta la sua poetica realizzando un capolavoro unico nel suo genere che non è invecchiato minimamente, ma andiamo con ordine.

 

La trama del film ruota essenzialmente attorno a tre  personaggi, due dei quali profondamente disturbati:

 

1) Lo yakuza Kakiara (Tadanobu Asano) noto per essere un killer spietato amante del dolore e sadomasochista.

 

2) Ichi, (Nao Omori) un ragazzo poco più che ventenne, definirlo psicopatico è un eufemismo infatti in un secondo passa da frignone a killer mostruoso.

 

3) Jiji (intrepretato da Shinya Tsukamoto) invece è un viscido manipolatore che ha trasformato Ichi in un assassino mostruoso, il suo obiettivo è quello di distruggere Kakiara (le ragioni rimaranno ignote)

Miike è noto per essere un regista che sfonda i limiti apparentemente imposti dalla tradizione e questo film lo conferma alla perfezione; Ichi the killer è un saggio sulla violenza insita nella mente dell'uomo e nonostante ci vengano mostrate scene visivamente disturbanti (in particolare modo per quanto riguarda le torture compiute da Kakiara mentre i massacri di Ichi risultano molto splatter e fumettosi stile Noboru Iguchi), la violenza non è usata per scopi spettacolari ma rispecchia la devianza dei personaggi e per estensione della cattiveria sopita nell'uomo.

 

Miike non celebra la violenza ma si limita a mostrare l'abisso più nero dell'animo umano inoltre come spesso accade nel suo cinema, violenza significa amore; Ichi e Kakiara sono due anime perdute senza radici e senza famiglia che desiderano trovare l'amore ovviamente il tutto messo in scena alla Takashi Miike.

Il film è quindi un cumulo delle ossessioni più inconscie ed oscene dell'essere umano, un film dolente pervaso da una profonda malinconia di fondo richiamata dallo straniante commento musicale dei Boredoms.

 

Rimanendo sullo stile è presente una sessualità insolita e "bizzara", ormai marchio di fabbirca del regista inoltre -come sempre- troviamo una smitizzazione di qualsiasi ideale romantico nei confronti della malavita (ad esempio il boss Anjo, tramite i racconti di Kaneko, viene descrittto come una persona caritatevole peccato che si divertiva a torturare Kakiara), discorso simile per le forze dell'ordine: gli unici due poliziotti che appaiono nel film sono corrotti e distrurbati almeno quanto Kakiara.

Impossibile non citare il finale incredibilmente ambiguo.

 

A questo punto mi sembra giusto spendere due parole sulla regia, come sempre sontuosa:

 

-partiamo dall'incipit, il film si apre in media res con una probabile soggettiva di Ichi che corre forsennato per i vincoli di Shinjuku, Miike utilizza la Shaky-camera inoltre il movimento è accelerato (fast motion) il tutto accompagnato da un commento sonoro particolare, ovvero tamburi e percursioni; questa grammatica cinematografica istintiva e priva di leggi e confini è un po' lo specchio del regista che tuttavia dimostra di conoscere i grandi maestri del passato, infatti nelle scene di conversazione la macchina da presa è rigorosamente fissa. Miike inoltre omaggia un grande classico del cinema giapponese ossia Cane Randaggio di Akira Kurosawa (mi riferisco a Kaneko e alla perdita della sua pistola che ha portato al suo licenziamento)

 

-Durante le sequenze in cui Kakiara è alla ricerca di informazioni, Miike lo segue con la macchia da presa a mano optando per la semisoggettiva (la macchina è quasi sempre a ridosso del personaggio, alle sue spalle); nel corso del flm inoltre ci sono tantissime chicche tecniche, ad esempio panoramiche a schiaffi con zoomate improvvise per presentarci alcuni personaggi (mi riferisco sempre all'incipit) oppure riprese attraverso videocamere di sorveglianza (Ichi nell'appartamento di JiJi).

 

Capolavoro

 

 

 

 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati