Regia di Roberto Faenza vedi scheda film
In un paese normale, Alla luce del sole di Roberto Faenza sarebbe un solido Tv movie con première di lusso in prima serata sulla rete ammiraglia e immediate candidature ai maggiori premi televisivi dell’anno. In un paese come il nostro, a ormai bassissima “densità di civiltà” (per parafrasare il film, nel quale si parla molto di “densità mafiosa”, tra lo scherno villano degli stessi mafiosi), dove persino le inchieste giornalistiche, e in periodo non elettorale, devono essere bilanciate da controinchieste che mostrino le ragioni della parte avversa, il film di Faenza esce invece nelle sale, dove c’è da augurarsi che raccolga più pubblico di quello già sensibilizzato al problema (non solo mafia, ma in genere la delinquenza organizzata e la connivenza con questa di fasce di potere economico e politico, anche all’apparenza “illuminato”, come sembrerebbe nel film la famiglia alto borghese di uno degli studenti di don Puglisi). Raccontando gli ultimi tre anni di vita e di attività di don Pino Puglisi (parroco del quartiere Brancaccio di Palermo, che si batté per migliorare le condizioni di vita degli abitanti e soprattutto dei ragazzi del quartiere, divenne scomodo e fu assassinato dalla mafia il 15 settembre del 1993), Faenza non si concede voli di regia, sta attaccato alla storia e al carisma del suo personaggio, cui Luca Zingaretti conferisce una corposa, credibile naturalezza (e sarebbe ora che il cinema italiano offrisse a Zingaretti più occasioni per scrollarsi di dosso lo “stereotipo Montalbano”). Un gesto per non dimenticare e per non sprofondare in un’apparente calma piatta.
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