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Fantozzi va in pensione

Regia di Neri Parenti vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Fantozzi va in pensione

di Lina
7 stelle

Proprio quando sembrava che il personaggio di Fantozzi non avesse più nulla da raccontare, spunta un nuovo film della saga, che ci regala una satira sull’uomo italiano medio che va in pensione.

 

Questa volta, però, lo stile autoironico dell’opera è meno demenziale e più realistico. Mostra la noia e la malinconia dei pensionati, che soffrono molto la solitudine e non sanno come riempire le loro giornate al punto tale, che perfino una riunione condominiale può apparire un buon diversivo!

 

Assistiamo anche questa volta a una serie di sketch comici legati da un unico filo conduttore: Fantozzi che le prova tutte (ma con esiti maldestri) pur di avere qualcosa da fare, che impegni il suo tempo. Anche accettare di portare la nipotina bruttissima e ancora in fasce al parco lo alletta – l’inquadratura  della  stessa che nella carrozzina succhia il ciuccio sorridendo alla madre è memorabile! Strappa inevitabilmente una risata. Per non parlare del padre della piccola, un gorilla anziché un essere umano - e qui l’estro diventa grottesco e intenzionalmente esagerato.

 

Inoltre, viene dato spazio alla disperazione della signorina Silvani, che inizialmente, pur vantandosi di avere una vita mondana, confida poi a Fantozzi di essere tremendamente sola e annoiata pure lei. E per la prima volta, si mostra disponibile a volere una storia di sesso con lui. Addirittura lo prega… ma a quel punto, perfino Fantozzi rivela di avere la sua dignità e non amando la disperazione, la rifiuta.

 

In questo minestrone, c’è anche la satira sul mondo del’Inps, che diventa l’Istituto Neutralizzazione Parassiti Sociali con il fine di eliminare i pensionati! – Il soggetto messo alla berlina forse più geniale dell’intera saga.

 

Poi la trama si addolcisce con la bontà della moglie Pina, che studia e trova uno stratagemma per farlo lavorare ancora, ma si sacrifica tanto per permetterglielo e quando lui scopre la messa in scena, si renderà conto che contano altre cose nella vita.

 

Il finale è abbastanza fantasioso, per non dire assurdo, ma ha l’acutezza di ritrarre un quadretto preciso e un po’ amaro del mondo dei lavoratori, i quali attendono con ansia il giorno in cui potranno ritirarsi, ma alla fine realizzano che la vita da pensionati è vuota, quasi priva di senso e stimoli, tanto da causare depressione e apatia, perciò Fantozzi e i suoi colleghi si mostrano disposti a tutto pur di poter tornare in ufficio, perfino a rinunciare alla pensione stessa.

 

Un’opera in definitiva divertente e con una satira coerente con il protagonista e la sua personalità.

Ci sono diversi momenti cult, per chi sa leggerli tra le righe.

La sfiga e l’umiliazione faranno sempre parte della vita del ragionier Ugo. A ricordarglielo, ci si metterà perfino l’eco della sua stessa voce, un giorno in cui andrà con la sua comitiva alle Grotte di Postumia.

 

Tra alti e bassi, genialità o ripetitività, il Fantozzi di Paolo Villaggio fa sempre ridere.

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