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La spettatrice

Regia di Paolo Franchi vedi scheda film

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La recensione su La spettatrice

di degoffro
6 stelle

L'aridità dei sentimenti e l'impossibilità di una relazione di coppia compiuta e soddisfacente sono al centro dell'esordio alla regia di Paolo Franchi, già allievo alla scuola di cinema di Bassano del Grappa "Ipotesi cinema" diretta da Ermanno Olmi, nonché assistente alla regia di Nanni Loy, Peter Del Monte e Francesco Maselli. Sulla scia di illustri precedenti (Antonioni e Kieslowski su tutti) Franchi racconta l'incomunicabilità quasi ineluttabile, ma a volte anche voluta, forse autoimposta, e la dolente solitudine di tre personaggi in cerca d'amore nella società moderna. Messa in scena rarefatta, minimalista e sospesa, lunghi ed insistiti primi piani, frequenti ellissi, silenzi inequivocabili, atmosfere livide, malinconiche e uggiose, dialoghi spesso taglienti, acuta, lucida ed impietosa analisi introspettiva ed antropologica. "La spettatrice" ci mette, con coraggio, di fronte all'inesorabile ed implacabile vuoto di affetti che caratterizza lo stanco, anonimo ed annoiato vivere di oggi. Peccato che il radicale pessimismo di fondo e la deriva esistenziale illustrati dal regista suonino un po’ troppo calcolati e programmati, certe coincidenze del destino posticce, alcuni snodi narrativi superficiali ed affrettati (la rapidità con cui si sviluppa l'amicizia tra le due perfette sconosciute Flavia e Valeria, per esempio, due donne quasi agli antipodi). Inoltre il film è freddo come un cubetto di ghiaccio. I personaggi risultano lontani, antipatici, scostanti, immobili, non appassionano. Le loro vicende, pur realistiche e quotidiane, sono asettiche. Le scelte della protagonista Valeria poi non sono sempre chiare ("Faccio delle cose senza senso" infatti dirà all'amico barista nell'unico momento di autentica apertura verso un'altra persona - se si esclude il pianto silenzioso tra le braccia di Massimo nel prefinale): ridicolo e un po’ irritante che, dopo avere mandato a monte una relazione, proprio quando l'uomo dei suoi sogni inizia ad accorgersi di lei, scappa via, forse per paura, forse per timidezza, forse, più semplicemente, perché preferisce continuare a vivere nell'immaginazione o nell'illusione, come un'ombra, perenne ladra di sguardi, in quella sorta di "patologia di un’affermazione amorosa, o incapacità di uscire dal proprio mondo interiore, paura di affrontare una realtà che disattende le aspettative" di cui parla il regista. La sua remissività e passività con Massimo alla lunga sfiancano e non trovano un'adeguata conferma nella sua condotta di vita, come dimostrano gli incontri occasionali con altri uomini in cui la donna, pur sempre estremamente controllata, indifferente ed imperturbabile, si rivela in tutta la sua audacia e disinvoltura. Gli attori, di conseguenza, pur bravi, non scaldano. Un film sottile ed ambiguo, che scava nel profondo e pone domande, ricco di non detti, di sguardi, di fughe, di paure, di imbarazzi, di dubbi e di inquietudini esistenziali. Sicuramente ben girato (suggestivo il lungo piano sequenza dopo i titoli di testa che va dall'interno dell'appartamento di Massimo a quello di Valeria, molto bella la sequenza in cui la spettatrice, al bar, spia Massimo, mentre trepidante aspetta che lei arrivi da Flavia), dalle immagini assai eleganti (l'ottima fotografia è di Giuseppe Lanci), con musiche funzionali ed adeguate (firmate da Carlo Crivelli), forse più francese che italiano (alcuni critici lo hanno addirittura accostato a giganti come il Truffaut di "Adele H." e il Sautet di "Un cuore in inverno") ma che risulta troppo intellettualistico, austero (un'unica sequenza ironica, quella in cui Flavia consegna a Valeria i fiori che Massimo le ha comprato, facendole credere che è il modo con cui l'uomo vuole scusarsi per l'atteggiamento poco simpatico che ha avuto nei confronti della ragazza la sera precedente a cena), schematico e cerebrale, quasi evanescente, comunque incapace di colpire al cuore, lasciandoci spettatori interessati, incuriositi, certo mai annoiati (gran merito) ma neanche mai partecipi né coinvolti (difetto non da poco, soprattutto per un quasi noir sentimentale dai forti connotati melò). Forse, a conti fatti, l'entusiasmo critico con cui è stato accolto alla sua uscita, oggi pare fin troppo esagerato, anche perché "La spettatrice" giunge a conclusioni abbastanza risapute sulla condanna dell'uomo/donna contemporaneo all'infelicità, alla depressione ed alla solitudine, come del resto conferma lo stesso Franchi. "La protagonista è una ragazza che si crea un suo mondo fittizio, non riesce a creare una sua vita reale e vive i rapporti in terza persona. Autodistruttiva, riesce a dare ma non a ricevere. Gli altri personaggi sono le facce di una stessa medaglia, è una nevrosi comune, spaventati dai sentimenti perché disattendono le aspettative. Meglio allora restare soli". Scritto dal regista in collaborazione con Heidrun Schleef ("La stanza del figlio" e "Il caimano" di Moretti, "Ricordati di me" di Muccino, "Un viaggio chiamato amore" di Placido, "La parola amore esiste" e altri film di Calopresti, "Arrivederci amore, ciao" di Soavi), Daniela Ceselli ("La balia" e "Buongiorno notte" di Belloccio), Diego Ribon ("Un viaggio chiamato amore" di Placido) e Rinaldo Rocco. Non poche le analogie con il più patinato e facile "La finestra di fronte" grosso successo commerciale di Ferzan Ozpetek. Distribuito in Italia dall'Istituto Luce, è stato vietato misteriosamente ai minori di 14 anni. I premi italiani ed internazionali non si contano. Rosa camuna d’argento al 22° Bergamo Film Meeting, migliore fotografia al "Festival International du film d'amour de Mons", Grolla d'oro all'innovazione, miglior film, sceneggiatura ed attrice al "New York Syracuse International Film Festival", migliore attrice al "Bellariafilmfestival" e all'"Annecy Cinema Italien", Globo d'oro della stampa estera quale miglior regista esordiente. Nomination quale migliore opera prima sia ai Nastri d'argento che ai David di Donatello: in entrambi i casi ha vinto "Private" di Saverio Costanzo. E' stato inoltre l'unico film italiano in concorso al 3° Tribeca film Festival di New York organizzato da Robert De Niro, a cui, pare, sia piaciuto parecchio.
Voto: 6

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