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Il ritorno di Cagliostro

Regia di Daniele Ciprì, Franco Maresco vedi scheda film

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La recensione su Il ritorno di Cagliostro

di FilmTv Rivista
8 stelle

Ci sono dei pretini che ballano lo swing che piace di solito a Woody Allen (e uno, con il grammofono a fianco, fa il disc jockey), un cardinale barbuto e biascicante, una mamma decrepita che puzza e fa la calza, un barone allampanato ciclicamente posseduto dallo spirito di Cagliostro, un gruppo assortito di faccendieri, onorevoli e banchieri, due madonnari con la passione del cinema che si inventano produttori, un regista (“maestro”) debosciato e incontrollabile, un divo americano consumato dall’alcol, attori improvvisati che danno letteralmente i numeri, comparse, tecnici, attrezzisti, e tre critici cinematografici (gli storici e ammiratori del trash Gregorio Napoli e Tatti Sanguineti, e il “purista” apocalittico Totò Lipari, interpretato da Maurizio Laudicina) che ripercorrono oggi le sorti dei fratelli La Marca e della loro Trinacria Film, casa di produzione siciliana costituita dal nulla alla fine degli anni ’40 attraverso un losco intreccio mafioso-clerical-“marshalliano”, e del suo famoso film “perduto”, appunto Il ritorno di Cagliostro, l’unico prodotto internazionale della compagnia, che arrivò dopo La vita di Santa Rosalia, O figlio ‘ngrato, La vita è ballo, La moglie del marziano, Gli invincibili Beati Paoli (nei quali i registi sfogano il loro impagabile gusto della B, citando Ed Wood e Riccardo Freda, la Rko e la sceneggiata). Sempre più acuminati e bravi (il film appare molto più costoso di quanto sia realmente), Daniele Ciprì e Franco Maresco sono l’altra faccia del nostro cinema impegnato, lo specchio nel quale si riflette Segreti di Stato di Paolo Benvenuti, del quale raccontano una storia praticamente identica, solo più stracciona, approssimativa, “artigianale”, forse più uguale all’Italia (di allora e di oggi), che fa molto ridere nella prima parte e che, subitaneamente, agghiaccia, con il brusco cambio di registro finale, quando entra un nuovo personaggio, un nano lynchiano maestro di cerimonie che, muovendo le inquadrature come quinte, ci racconta la vera Storia. Un film italiano raro, molto colto e infiammato di ironica passione, desolato e vivissimo. Ci sarebbe piaciuto vederlo nel Concorso maggiore.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 0 del 0

Autore: Emanuela Martini

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