Regia di John Landis vedi scheda film
Riduttivo chiamarlo horror, sbagliato definirlo una black comedy, il quinto film di Landis lascia davvero a bocca aperta. Nessun altro era mai riuscito, né riuscirà, ad alternare scene terrorizzanti ad altre di irresistibile umorismo con tanta armonia e imprevedibilità, e tanto meno a rendere un'unica scena horror e comica allo stesso tempo senza realizzare un horror comico.
Il giovane Landis era ormai diventato celebre, dopo i grandissimi successi di Animal House e The Blues Brothers che, apprezzatissimi dal pubblico, avevano portato una ventata di aria fresca nella commedia americana, interessando anche la critica. Perciò, nonostante avesse già anticipato una certa vena horror satirica nell'esordio Slok, Landis sorprende tutti con un film che, come già detto, non è un horror, ma quando vuole fare paura ci riesce benissimo, e non solo grazie ai soprendenti effetti speciali di Baker. Infatti, nonostante nessuno lo accostasse al genere prima di allora, Landis ha una grande conoscenza del cinema del orrore; si sente e lo fa sentire con numerose citazioni, più implicite che esplicite. Ma le citazioni non si limitano a questo campo, del resto tutto il film non si dà alcuna limitazione di genere, e infatti è impossibile non cogliere il rimando a King Kong, nel finale. Un tema evidentemente caro al regista, che già lo aveva affrontato, più insistentemente, in Slok. Per fortuna, anche qui, Landis non si smentisce, e quando molti già cominciano a temere un finale sdolcinato, con cinismo inarrivabile tronca violentemente la scena e manda i titoli di coda sulla allegra Blue moon. E non è l'unico momento in cui la strepitosa colonna sonora di Bernstein, che sfrutta canzoni sul tema della luna, è fondamentale nell'economia del film.
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