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Elephant

Regia di Gus Van Sant vedi scheda film

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La recensione su Elephant

di FilmTv Rivista
8 stelle

Di nuovo Columbine. E non solo. Gus van Sant, indipendente vezzeggiato dalle majors e tentato dal successo, racconta un giorno di ordinaria follia in una high school dell’Oregon, cerca un approccio giusto all’inspiegabile e ritrova necessità e purezza. Gira con i veri studenti, facendo coincidere la cronologia delle riprese e il tempo del film, modificando il copione. La vita quotidiana dei ragazzi, i dialoghi banali, la routine: per la prima ora di film non accade nulla, la stessa mattinata è raccontata da differenti punti di vista, con lunghi piani-sequenza che trasformano la scuola in un Overlook Hotel o in una alienata playstation. Poi, l’esplosione di follia. Ma talmente coerente col mondo mostrato, che a quel punto i ragazzi stragisti potrebbero essere quasi tutti: l’occhialuta bibliotecaria, quello col padre alcolista, le tre ochette amorali, il pianista incuriosito dai nazi. Non si fraintenda: Van Sant non è un nichilista, amerebbe i suoi ragazzi col trasporto di un Pasolini, e perciò ne vede doppiamente l’orrore. Lo sguardo gelido che si impone è la cosa più dolorosa e appassionante del film. Rifiuta ogni spiegazione sociologica o psicologica (tranne un paio di accenni all’habitat e all’omosessualità repressa, che sono infatti le uniche piccole “stecche” del film), perché sa che ciò che il cinema deve e può dare, è la visione di un mondo, è far sentire il gelo fino all’insopportabile, restituirci i tempi i ritmi i segni. Metterci sotto gli occhi l’elefante che sta sotto gli occhi di tutti e che nessuno vuol vedere (è questo il senso del titolo), senza per forza dirci: ecco l’elefante. Giustamente premiato a Cannes (miglior film e miglior regia: quest’ultima sul filo del virtuosismo, ma mai gratuita) dal presidente di giuria Chéreau che se ne è fregato, anche lui, di ogni carità di patria, Elephant è un film che ha la giusta distanza dalle cose e che ridà un senso al concetto di cinema americano indipendente. Non a caso, è stato fatto fuori da ogni major, per la Tv via cavo.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 41 del 2003

Autore: Emiliano Morreale

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