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Son frère

Regia di Patrice Chéreau vedi scheda film

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La recensione su Son frère

di FilmTv Rivista
8 stelle

Il cinema di Patrice Chéreau è un cinema che perlustra i corpi nel tentativo impossibile di disossarli. L’autore francese è personalità assai poliedrica: regista di palcoscenici (è stato per quasi un decennio direttore del prestigioso Théâtre des Amandiers di Nanterre, dove ha coltivato una generazione d’attori, tra cui il protagonista di Son Frère, Bruno Todeschini), di film (il suo esordio è datato 1975: Un’orchidea rosso sangue, con Charlotte Rampling), di opere (soprattutto quelle di Alban Berg), figlio d’arte e attore egli stesso (per Wajda, Berri, Mann, Chahine...). È abbonato ai premi (Son Frère ha vinto l’Orso d’argento per la migliore regia all’ultimo Berlino, festival dove aveva stravinto nel 2001 grazie a Intimacy), è legato ossessivamente a idee di rappresentazione che cercano di riflettere e di riflettersi, che rubano al mondo un po’ del suo tempo, che strapazzano gli attori (i corpi, appunto) fino all’ultimo respiro. Come il personaggio chiave del suo nono film, Thomas, colpito da una rara malattia che non consente al sangue di coagularsi come vorrebbe e dovrebbe, partorendo piastrine impazzite, che rompono equilibri e scaraventano le emozioni. Paradigmatica metafora di un uomo che chiede aiuto al fratello mai filato prima, suo perfetto contrario. Un gioco di specchi che Chéreau - ispiratissimo dal bel libro omonimo di Philippe Besson - ricostruisce con i pezzi di un doloroso puzzle, osservando con compassione, rigore, senza lacrime, come un antropologo della carne, un guardiano del faro, un signore del piano di sopra che conosce già l’epilogo. Nessuno piange Thomas, ognuno elabora il lutto alla sua maniera: anche qui Chéreau è interessato all’evoluzione delle reazioni, alla resistenza nei confronti dell’insostenibilità delle cose (la fidanzata di Thomas che non regge, i genitori che continuano a litigare come si trovassero nel salotto di casa). È Luc (il bravo Eric Caravaca), nella storia, l’alter ego di Patrice. Mentre il grande vecchio Maurice Garrel è una sorta di Caronte: accompagna Thomas al suo segnato destino. Anatomia dell’inferno.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 35 del 2003

Autore: Aldo Fittante

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