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Gangs of New York

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su Gangs of New York

di rocky85
8 stelle

Gangs of New York è, sotto il profilo narrativo, uno dei film più ambiziosi di Martin Scorsese. Frutto di una lunga gestazione e sceneggiato dallo stesso regista insieme a Jay Cocks (co-autore già dello script de L’età dell’innocenza), si pone come obiettivo quello di raccontare la nascita di una nazione. L’America, come la conosciamo oggi (e come ci dimostra il finale sulle note di The Hands that Built America degli U2) è nata sulle ceneri degli scontri tra i nativi e gli immigrati, per lo più irlandesi. E’ nata sulle strade di New York, città per la quale Scorsese nutre un amore viscerale e che costituisce l’ambientazione principale di gran parte dei suoi film. Ancora New York quindi, ancora delle gang rivali, soltanto che qui il contesto storico è anticipato alla fine dell’Ottocento, prima dell'inizio della guerra di Secessione. L’ambizione di Scorsese è quindi quella di ricreare un grande romanzo storico, inserendo all’interno di questa cornice la storia di una vendetta e la storia di un rapporto quasi filiale tra due uomini destinati a scannarsi tra di loro. Se la prima è abbastanza scontata e stereotipata (e costituisce secondo me uno dei limiti del film), la seconda è invece più interessante e ben resa. Scorsese stavolta limita i virtuosismi e le sperimentazioni preferendo uno stile più classico, con alcune sequenze memorabili (su tutte, il combattimento iniziale tra la neve), e consegna alla storia del cinema un personaggio indimenticabile, quello di Bill il Macellaio. Interpretato da un monumentale e carismatico Daniel Day-Lewis, Bill è uno spietato ma cavalleresco capobanda, che prova quasi affetto per il personaggio di Amsterdam (Leonardo DiCaprio) e vede in lui il figlio tanto desiderato e mai avuto. Grandi scenografie (di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo) ed una New York ricostruita interamente in studio a Cinecittà. Uno dei più grandi successi commerciali di Scorsese, sottovalutato da parte della critica e dimenticato agli Oscar (nessun premio su dieci nomination), è un’opera potente, epica, un altro grande pezzo del mosaico del suo cinema.

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