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I due invincibili

Regia di Andrew V. McLaglen vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su I due invincibili

di genoano
6 stelle

(Ri)nascita di una nazione, anzi due, se ci mettiamo pure il Messico. Lo yankee Wayne e il dixie Hudson, con relativi clan, passano dalla Guerra Civile Americana a quella Messicana per scoprire che il coraggio,la solidarietà e l'onestà possono superare qualsiasi divisione. Voto 6 e mezzo.

La vicenda storica che ha ispirato il film è quella del generale Joseph O. Shelby e della sua "Brigata di ferro" di circa mille cavalleggeri sudisti che, dopo la capitolazione confederata, rifiutarono di arrendersi ai nemici e giunsero sino in Messico, con l'intento di offrire i loro servigi militari all'Imperatore Massimiliano. Il soprannome che venne dato a questi irriducibili sostenitori della causa "virginiana" è "The undefeated", "I non sconfitti", denominazione ripresa nel titolo di questo film.  Altra fonte d'ispirazione per questa produzione è il celebre "Nascita di una nazione", che partiva dallo stesso spunto: la difficile ricomposizione di una nazione divisa dai guasti della Guerra di Secessione; secondo la pionieristica pellicola di Griffith, che nel 1915 rivoluzionò le tecniche di montaggio cinematografico, ma era sostenuta da un'ideologia quanto meno controversa e decisamente agghiacciante, ciò era potuto avvenire attraverso un'alleanza tra bianchi che avevano messo da parte le loro divergenze per far fronte comune contro gli Afroamericani, presentati come crudeli vessatori della gente del Sud; nel film il ruolo degli eroi era riservato addirittura ai membri del Ku Klux Klan. Ne "I due invincibili" per fortuna la visione dei fenomeni storici è ben differente; secondo la sceneggiatura la discordia civile e forse anche la guerra stessa sono state causate da speculatori e politici intenzionati ad arricchirsi sfruttando le opportunità create dal conflitto e dal caos che ne è scaturito, senza rispetto o considerazione alcuna per le sofferenze del popolo e per i sacrifici sostenuti dai combattenti; nel racconto del film è sufficiente sottrarsi alle loro nefaste influenze, superando il confine, per ritrovare naturalmente quel senso di comunità e quella capacità di compattarsi dinanzi alle avversità che hanno sempre costituito un elemento fondante della società americana, sin dal tempo dei pionieri; alla fine della vicenda, dimentichi delle contese sostenute e lasciatisi alle spalle i drammi del passato, gli antichi nemici cavalcano insieme, con rinnovata fiducia, tornando negli States, verso il futuro. John Wayne interpreta un carismatico colonnello cow-boy nordista che considera i suoi commilitoni come dei figli o dei fratelli; il co-protagonista Rock Hudson dà vita a un colonnello gentiluomo del Sud talmente onesto e integro da rinunciare a tutto pur di non perdere l'onore, però perde il confronto sul set con Wayne, anche perchè si ritrova circondato da ogni lato da "fedelissimi" del "Duke", a partire dallo sceneggiatore, James Lee Barrett, autore in precedenza dello script de "I berretti verdi". Alcuni sono addirittura "infiltrati" nelle sue schiere, come Bruce Cabot, che fece 12 film con il grande John e qui interpreta un sergente sudista; o, tra le file nordiste, in maniera più ortodossa, il formidabile Ben Johnson, 7 film col Duke, spesso come suo braccio destro; e Harry Carey Jr, 10 film con Wayne. Il regista Mc Laglen dà un buon ritmo alla seconda parte del film, ma rende poco realistica la scena iniziale di guerra e sbaglia completamente la scena dell'assalto "suicida" dei bandoleros, che si portano a tiro del nemico e poi stanno lì a farsi impallinare, non si capisce perchè, senza quasi mai sparare un colpo; solo la bravura degli stunt-men, che realizzano scene di cadute da cavallo molto realistiche, salva la sequenza. Pertanto "The undefeated" può essere considerato un buon film, ma non certo memorabile, per via di qualche ingenuità e di mancanza di accuratezza nella realizzazione di alcune scene d'azione. 

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