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Il settimo giurato

Regia di Georges Lautner vedi scheda film

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La recensione su Il settimo giurato

di Baliverna
7 stelle

I miasmi del male possono salire dal profondo quando meno ce se la spetta, anche in chi conduce una vita normale, e distruggere la vittima ma anche il suo assassino.

Mi permetto di non essere d'accordo con la scheda. Questo è un film che ha, secondo me, evidenti pregi formali e un finale appena ammaccato. Innanzitutto la forografia in uno splendido bianco e nero è di tutto rispetto; anche le inquadrature sono scelte attentamente, badando alla prospettiva e alla posizione della macchina da presa. In tutto ciò è visibile la cura del dettaglio.
Quanto alla tematica trattata, ognuno avrà qualcosa da dire. La pellicola, infatti, ritrae un uomo schiacciato dal senso di colpa e cerca di dipanare tutti i pensieri che passano nella mente di un assassino occasionale, per così dire. Il soggetto credo sarebbe molto piaciuto a Fritz Lang, che sul tema della colpa incentrò diversi suoi film.
Dopo aver commesso l'omicidio, il protagonista punta tutto sul seppellire il crimine commesso nella sua coscienza e nella sua memoria, e sul farla franca. Tenta di dimenticarlo, di tornare alla normalità, ma non ci riesce. La colpa pesa su di lui come una cappa opprimente. Tormentato dal rimorso, decide di andare a confessarsi, dove il prete gli chiede però di costituirsi alla polizia. A tanto non arriva: l'infamia per sé e la sua famiglia, troppo. Anche la lotta per scagionare il sospettato innocente si rivelerà inutile al fine del ritorno alla vita normale. Bisogna espiare.
E' proprio questo ultimo concetto che va a parare il film, ma non anticipo come esso viene sviluppato. Mi limiterò solo a dire che forse questa idea poteva essere espressa in modo un po' meno estremo e più verosimile. Tuttavia, quanto al messaggio, il film si difende bene. Vi sono assassini che vivono il resto della vita facendola franca, ma il rimorso, sottile o schiacciante, li tormenta dentro fino alla fine. Cercare di soffocarlo non serve.
Una parola ora per il personaggio della vittima. Forse con la sua condotta molto leggera e il suo modo di fare così provocante lei porta una parte della responsabilità. Possiamo anche aggiungere che aveva molti uomini, e più d'uno nello stesso momento, come le chiacchiere di paese vanno ripetendo. Tutto questo però non cambia il nome alle cose: la sua morte è omicidio, e chi l'ha commesso è un assassino. Su questo concetto mi pare che insista tutta la sceneggiatura.
Quanto agli attori, vediamo come protagonista un Bernard Blier che è sì volto noto, ma se non sbaglio di solito ricopriva ruoli secondari. Qui se la cava benino; forse a momenti è un tantino troppo impassibile, però come uomo comune che si macchia di un delitto quasi casuale funziona. Gli altri fanno tutti bene il loro mestiere.
Insomma, di carne al fuoco ce n'è, nonostante qualche diffettuccio, ma mi pare si possa dire un'opera riuscita.

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