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La regola del gioco

Regia di Jean Renoir vedi scheda film

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La recensione su La regola del gioco

di scandoniano
9 stelle

Un fitto intreccio latente di sentimenti, gelosie ed amicizie esplode durante un soggiorno presso la tenuta del marchese De la Chesnaye e sconvolge il gruppo di aristocratici e benestanti francesi della fine degli anni ’30. Coinvolti saranno gli invitati, i padroni di casa, perfino la servitù, in un intreccio sempre più fitto, fino allo squassante finale.

 

Se il film è presente in numerose classifiche di riviste (specializzate e non), è perché La regola del gioco è un capolavoro di efficienza e concretezza. Renoir si allontana dall’usuale naturalismo a cui aveva abituato,mixando al meglio vaudeville e dramma, humour e cinismo, realizzando una splendida opera collettiva, dalla grande modernità sia nei temi che nella messa in scena. Per di più il regista Jean Renoir, che per qualcuno qui firma il suo capolavoro, maneggia una infinità di personaggi da far imbarazzare Giovanni Verga, non perdendo tuttavia mai la bussola ed equilibrando i ruoli, le pose e le trame sapientemente (merito della sceneggiatura scritta dallo stesso regista). Dietro una prova formale splendida, quasi avveniristica (con la fotografia che ispirerà il cinema anche americano degli anni a venire), esiste anche tanta ciccia sul piano del contenuto, in cui la forma e il formalismo vengono prima della sostanza e della concretezza, secondo una critica alla borghesia francese coeva di straordinaria efficacia. Il messaggio si evince dalle sconvolgenti sequenze finali, quando ci scappa il morto per una pura banalità, ma le redini di un’aristocrazia tronfia ed autoreferenziale vengono comunque mantenute salde con dovizia e savoir faire. Un pugno nello stomaco (le reazioni, non l’omicidio) che lo spettatore non si aspetta e che lancia questa opera nel novero di quelle più importanti del periodo, portatrice di quei concetti cari, per esempio, a Luis Buñuel. Costumi da Oscar, affidati a Coco Chanel.

 

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