Regia di Jacques Tourneur vedi scheda film
Jacques Tourneur non è uno specialista di western, ma la sua pellicola vale comunque la visione.
È sì un western, ma un western che ricorda abbastanza da vicino un noir; del resto Jacques Touneur ha diretto anche ottimi noir.
Oltre alla presenza del triangolo amoroso, con due donne innamorate dello stesso uomo, notiamo maggiore attenzione, rispetto ad altri western, alla definizione psicologica dei personaggi, alle tensioni che si creano tra questi, e ai dialoghi (ben scritti). Va anche detto, tuttavia, che al regista non interessa molto il paesaggio, il che mi è dispiaciuto un po', considerando le belle montagne dove il film è stato girato.
Un aspetto da mettere in luce è anche il fatto che il protagonista – se così possiamo chiamarlo – non è un eroe immacolato. L'omicidio che commette, se anche si può configurare come legittima difesa, è reso opaco e dubbio dall'avidità che ha mosso le azioni dell'omicida, e dal suo aver in qualche modo provocato la vittima. Sembra anzi che il film dia enfasi al gesto dell'omicidio in quanto tale, e tenti di scandagliarle tutte le implicazioni, senza mancare di sottolinearne la tragicità intrinseca. E nel film ci sono vari morti ammazzati in modo stupido.
Robert Stack fa quanto basta, ma non credo brilli per doti interpretative. Dall'altro canto, Raymond Burr è il solito perfetto cattivo e antipatico, un ruolo che gli era senza dubbio congeniale. Lui sì che lascia il segno nel film. Brava anche Virginia Mayo, donna perdutamente innamorata del duro.
Non è un film perfetto, ma è comunque da guardare: perché è degno del suo regista e perché è un western atipico e interessante, anche per il sottofondo storico in cui si svolge l'azione.
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