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Mean Machine

Regia di Barry Skolnick vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Mean Machine

di sasso67
6 stelle

"Mean Machine" è il remake di un vecchio film americano di Robert Aldrich, "Quella sporca ultima meta" (1974), un classico incrocio tra film carcerario e sportivo. Lì si trattava di football americano, qui di calcio: la squadra dei carcerati contro quella dei secondini. Un'ipotesi che, fra l'altro, si è realizzata proprio in Italia nel campionato scorso di terza categoria e chi abbia seguito al trasmissione di Raitre Sfide, ben lo sa (per la cronaca, la squadra dei galeotti, che per ovvi motivi giocava sempre in casa, pareggiò il primo derby e vinse il secondo per 4 a 0, riuscendo ad essere promossa in seconda categoria ai playoff). Qui la squadra è guidata da un ex calciatore della nazionale, già squalificato per slealtà sportiva (aveva venduto una partita contro la Germania), finito dentro per guida in stato di ebbrezza e aggressione ai due agenti che l'avevano fermato.
Il film dello sconosciuto Skolnick affastella una serie di luoghi comuni impressionante, sia nel campo carcerario che in quello calcistico, ma, forse a causa della mia ultratrentennale passione calcistica (durante i Mondiali del '74 saltavo la cena per l'emozione), non riesco a bocciare questo "Mean Machine" (il titolo si riferisce al soprannome del protagonista). Si tratta come già detto di un remake, quindi niente di nuovo sotto il sole, ma i luoghi comuni e gli stereotipi sembrano davvero troppi anche per un film di genere come questo: il direttore disonesto, i secondini sadici (ma in fondo meno peggiori di quel che può apparire), il carcerato anziano e sentenzioso, il pazzo, il traditore, il boss eccetera, perfino una fugace parentesi di sesso, per il protagonista, con la segretaria del penitenziario. Nonostante tutto questo, che passa sopra al protagonista con la sua faccia da Franti cresciuto, se fossimo a scuola darei una striminzita sufficienza a questo allievo discolo che copia i compiti altrui (ma lo fa con un po' d'ironia e simpatia).
Proprio il protagonista è uno dei (pochi) punti di forza di quest'operina angloamericana. Vinnie Jones, faccia da bullo (un Cantona con gli occhi azzurri), una carriera a menare gli avversari, principalmente con la maglia del Wimbledon, considerato un cattivo del calcio (un Pasquale Bruno britannico), plurisqualificato (sulla sua minibiografia su www.imdb.com si legge che detiene il record per l'ammonizione più veloce della storia: esattamente tre secondi dopo aver messo piede in campo), non sfigura nei panni dell'attore. E infatti in pochi anni ha già partecipato a 17 film. Ha una faccia da schiaffi, può fare indifferentemente il buono e il cattivo e, sia detto senza offesa, in galera sembra esserci nato. Non c'è bisogno di dire che, alla fine, conduce la squadra alla vittoria, nonostante un pazzo furioso in porta (altro che Rinaglia!) e un attaccante conosciuto come Billy la Piattola, che ricorda il Trombino dei tempi d'oro. Enorme, dopo la partita, la delusione del direttore del carcere, un David Hemmings (scomparso nel dicembre 2003) irriconoscibile rispetto ai tempi di "Blow Up" e "Profondo rosso": ma quanto aveva bevuto per ridursi in quelle condizioni? (15 agosto 2004)

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