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La guerra del Tiburtino III

Regia di Luna Gualano vedi scheda film

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La recensione su La guerra del Tiburtino III

di barabbovich
7 stelle

I baccelloni di un cult di fantascienza del passato (L'invasione degli ultracorpi) stavolta hanno le sembianze di vermi che si appropriano dei corpi dei loro ospiti. È il primo passo che, partendo dalla periferia romana del Tiburtino III, mira alla colonizzazione del pianeta passando per le barricate che circondano l'intera zona, stabilendo così una nuova forma di dittatura che fa leva sull'insofferenza delle banlieue nostrane. A difendere "gli indigeni" (dixit) ci sono Pinna (Bannò, ottimo), un ragazzo che sbarca il lunario vendendo hashish, e una sua amica (Stagni) che gestisce una bisca in loco. Con l'aiuto (quasi) involontario di una giovanissima influencer svalvolata di Roma Nord (Mariani), arrivata sul posto per rimpinguare il numero di followers raccontando il caso tanto di tendenza sui social, riusciranno a debellare gli alieni con un gel per le unghie.
No, non è un fantasy, ma cinema politico dissimulato, una commedia sci-fi scritta e diretta da Luna Gualano, che - dopo aver girato un paio di horror passati pressoché inosservati e stavolta sotto l'egida produttiva dei Manetti Bros. (presenti anche in un cameo) - firma un'opera originale, briosa, con qualche impagabile gag e con una serie di caratteri azzeccati. La trama è soprattutto un modo per raccontare la rivincita del cretino ("anche in periferia ci sono persone di valore", dichiara l'influencer in TV), mettendo a fuoco l'ingenuità ma anche la genuinità del borgataro con una bonomia che non scade mai nella parodia né nella celebrazione stucchevole e che, sottotraccia, denuncia la possibilità di un futuro distopico, governato da un'improbabile "regina" (vi ricorda qualcosa?) che ha il corpo e la stazza di Paolo Calabresi.

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