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Eraserhead

Regia di David Lynch vedi scheda film

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La recensione su Eraserhead

di Warbo
9 stelle

Nell’esprimere una qualsiasi opinione su Eraserhead si incappa per forza di cose in un blocco totale delle facoltà mentali. Eraserhead non parla alla mente, per questo non si possono cercare spiegazioni logiche o interpretazioni razionali dell’opera. Il suo pubblico è l’inconscio. Bisogna immaginare Eraserhead come un incubo steso su una parete di Quinta del Sordo. Non si deve infatti dimenticare che Lynch prima di essere un regista è un pittore. Ecco come le pitture nere di Goya in qualche modo si curano di Eraserhead, in maniera invisibile, quasi come reminiscenza. Probabilmente Lynch e Goya si sono incontrati da qualche parte in un mondo che non è il nostro e l’artista spagnolo deve aver infettato il regista americano con i suoi incubi.

Il bianco e nero paradossalmente diventano colori. Non li vediamo fisicamente, ma li percepiamo, sono colori mentali, inesistenti in natura. Non possiamo identificare ciò che sentiamo e proviamo con un colore esistente, perché le tonalità che Lynch riesce a creare con un (apparentemente) semplice bianco e nero sono infinite. D’altra parte è un regista estremamente all’avanguardia e non è un caso che si sia sviluppato contemporaneamente a un altro artista americano, Andy Warhol. Non è nemmeno un caso che per questa sua caratteristica gruppi come Bauhaus e Tuxedomoon hanno rivisitato l'inquietante canzone “In heaven”.

Eraserhead è quindi un viaggio di non ritorno dentro un mondo completamente estraneo a noi ma che per qualche remota ragione riusciamo a comprendere, seppur unicamente a un livello inconscio. Un mondo onirico, surreale, ma non surrealista, come Enrico Ghezzi ha giustamente osservato. Non è però per questo un luogo d’evasione o in qualche modo piacevole, tutt’altro, è dominato da rumori assordanti, vicini a quelli che abbiamo avuto modo di sentire, per esempio, in “La classe operaia va in paradiso”, per diverse motivazioni.

Il film è perciò un, seppur complicato da diversi impedimenti che hanno protratto la durata della realizzazione a 5 anni, incredibile esordio al lungometraggio di un artista che mostra sin da subito come utilizzi la macchina da presa come il pennello più pregiato e come sappia sfruttare altre componenti come fotografia e sonoro come pochi altri al mondo. In particolare grazie al monumentale lavoro di Fred Elmes e Alan Splet. In altre parole un capolavoro senza tempo e spazio che susciterà per sempre le stesse sensazioni di alienazione rispetto alla realtà e alla razionalità.

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