Regia di Michael Almereyda vedi scheda film
Una dimostrazione dell'attualità (e immortalità) di Shakespeare
Dove si dimostra l'attualità di Shakespeare, specialmente se spogliato da interpretazioni eccessivamente "teatrali". Sulla bocca di personaggi quotidiani, recitato da un Amleto in forte crisi di identità, finalmente dell'età pensata da Shakespeare per il suo protagonista, da un Polonio che ha il volto, la voce e le movenze di Bill Murray, da un Laerte che sussurra consigli all'orecchio della sorella Ofelia, non a caso fotografa in un mondo metropolitano dominato dalle immagini (video, foto, videocamere di servizio ecc.), i versi di Shakespeare assumono una quotidianità e una comprensibilità che favorisce l'empatia con gli spettatori. Il monologo "to venir not to be", recitato tra le corsie di un videonolo, e' il soliloquio di un aspirante suicida; l'espeduente di teatro nel teatro escogitato da Amleto si trasforma in un video composto da spezzoni di film evocanti tradimento e omicidio; persino il bagno di sangue finale assume una credibilità da film noir, mentre le ultime battute spettano a un giornalista televisivo. Non manca qualche scena grottesca (non si capisce perché si debba chiamare "King" un magnate della finanza e perché si parli di "regno" di Danimarca a proposito della "Denmark corporation" del padre di Amleto; insomma, qualche volta l'eloquio shajesoeariano stride con le situazioni rappresentate), ma nel complesso si tratta di un esperimento ardito e riuscito.
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