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La morte è di moda

Regia di Bruno Gaburro vedi scheda film

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La recensione su La morte è di moda

di giurista81
4 stelle

Thriller atipico per l'esperto Bruno Gaburro, ricordato soprattutto per esser stato il marito di Erika Blanc, ma anche per l'aver diretto commedie e comici di discreto successo commerciale, dal più impegnato Peccati in Famiglia (1974) al comico popolare Abbronzatissimi (1991), con incursioni nell'erotico, ancora una volta dal softcore all'hardcore, con pellicole quali Malombra (1984) e Un'Arsura Bionda (1987). Il film che forse ne rappresenta meglio il talento è però Ecce Homo – I Sopravvissuti, pellicola dal discreto cast artistico (Philippe Leroy, Frank Wolff e Irene Papas) girata sul finire degli anni sessanta e considerata un precursore del post-atomico che avrebbe preso piede all'inizio degli anni ottanta.

Luciano Appignani, produttore degli ultimi action movie italici diretti da Romolo Guerrieri, Stelvio Massi, Antonio Margheriti e soprattutto Edoardo Margheriti (presente anche in questo film in ruoli di produzione), curiosamente, affida al regista un thriller argentiano, dallo stesso scritto e finanziato. Gaburro non ha esperienze nel campo del thriller, ma gestisce piuttosto bene l'operazione. Il copione è legato al mondo della moda, un sotto filone lanciato da Sotto il Vestito Niente (1985) e Le Foto di Gioia (1987).

La storia è assurda, specie all'inizio, penalizzata da un budget inadeguato, ma interpretata sufficientemente bene. La sconosciuta Teresa Leopardi, a sorpresa, regge il ruolo della protagonista. Sembra un'attrice provetto se parametrata alle varie Serena Grandi e Sabrina Salerno utilizzate da Lamberto Bava. Il suo personaggio, un'indossatrice di moda, si ritroverà casualmente (troppo per non far storcere il naso allo spettatore) in una villa teatro di un omicidio avvenuto decenni prima. Scoprirà di essere, a fine film, una sensitiva, ma sul momento si dice convinta di aver assistito all'assassinio di una donna. Appignani scrive in modo grezzo, sbrigativo. La donna, ricoverata in un ospedale di fortuna, viene presa sul serio dalla polizia, sebbene i fatti non riscontrino il narrato. Più in particolare è il simpatico commissario (con la passione per la pesca) interpretato dal bravo Anthony Franciosa (lo ricordiamo in un ruolo di punta in Tenebre di Dario Argento) a indagare sulla questione. Poco importa se sia evidente a tutti che si è alle prese con una visionaria. Le indagini vanno avanti anche perché la cosa, pur non supportata dai riscontri, fa notizia. Arriva sui giornali e riceve risonanza massmediatica. Qualcosa di vero, allora, c'è. Anzi, è tutto vero... tanto che l'assassino di un tempo pensa di eliminare la giovane indossatrice, perché teme che questa possa riconoscerlo. Uno psichiatra infatti, interpretato da Miles O'Keeffe - attore degli action movie di Joe D'Amato e Bruno Mattei – sta lavorando sulla ragazza attraverso l'ipnosi regressiva. Alla fine la giovane non riesce a capire chi sia l'assassino, pur se ossessionata dalla scena di un omicidio di una donna, che si scopre esser scomparsa nel nulla pur essendo un tempo nota nel mondo dell'alta moda. Sarà il killer a smascherarsi e a mostrare, nella villa abbandonata, la presenza di una porta murata oltre la quale si cela il cadavere mummificato della donna. 

Insomma... mediocre, ma vedibile. Gaburro, forse aiutato da Edoardo Margheriti, porta a termine la pellicola senza poter usufruire di scene gore e lo fa in modo non proprio disprezzabile. Gli omicidi, a parte quello iniziale su cui si innesca l'intera storia, sono tutti fuori campo. Ci sono tuttavia delle scene in cui si avverte un pizzico di tensione. Gaburro prova a fare l'Argento di turno. Carrellate indietro su piedi in movimento. Dettagli su mani guantate. Semi-soggettive alle spalle dell'assassino e soggettive di chiara ispirazione argentiana (si veda quella con l'assassino che chiede di poter verificare i cataloghi) fanno da corredo alla visione. Mancano però i movimenti di macchina e soprattutto il gore del Maestro per salvare l'operazione. La sceneggiatura è piena zeppa di inverosimiglianze, chiede troppo spesso allo spettatore di sorvolare sulla credibilità di quanto detto. Le indagini di Franciosa sono ridicole, fa il geniale e non si accorge di firme contraffatte, dando poi per verosimile il racconto di una pazza che si dimostrerà essere una sensitiva. Non bene, ma funzionale allla causa. La musica è sufficiente. Nel cast figura anche Giancarlo Prete, ormai confinato in un ruolo di supporto.

Alla fine non è proprio da buttare. Meglio di molti altri prodotti di genere italiani dell'epoca, pur se realizzato con un budget risibile e che da dimostrazione della propria inconsistenza nelle scenografie e nei costumi. Vedibile, ma con evidenti difetti.

 

 

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