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Mondo pazzo, gente matta

Regia di Giuseppe Polselli vedi scheda film

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La recensione su Mondo pazzo, gente matta

di moonlightrosso
2 stelle

Un titolo che non puo mancare nella cineteca ideale di ogni esteta dell'orrido che si rispetti

Anomalo musicarello che pur essendo stato un fallimento di proporzioni cosmiche sia da un punto di vista artistico che da quello commerciale, ha costituito comunque un momento importante per la cinematografia polselliana; un'ideale pietra di confine fra un Polselli prima maniera, ancora fedele ai clichès di un certo cinema popolar-dozzinale destinato al pubblico delle sartine e dei militari in libera uscita e quello del successivo periodo visionario, libertario e folle, che lo consacrò universalmente come autore oscuro e maledetto per eccellenza.

Uno scombicchierato copione scritto dal regista frusinate in accoppiata con Giuseppe Pellegrini (futuro regista dell'allucinante "Giorni d'amore sul filo di una lama"), ci narra delle avventure sentimental-demenziali di uno scalcinato manipolo di studenti del Conservatorio, alcuni dei quali piuttosto attempati, che decide, allo scopo di racimolare qualche lira, di mettere in scena uno sgangherato spettacolino musicale in barba alle rigide regole della musica sinfonica.

Dato il periodo, ci si sarebbe aspettati la solita quanto abusata diatriba tra giovani e "matusa", tra musica melodica e musica beat, ma il Polselli trasla incredibilmente il conflitto indietro di almeno trent'anni, riproponendoci quello tra la musica classica e (udite, udite!!), la musica jazz, ancorchè di jazz non si ascolti una sola nota per tutta la durata del film!!

Non sapendo come concludere una storia che annega nel marasma più totale, si opta poi quasi catarticamente per un finale metacinematografico alquanto folle, con l'interazione di attori e maestranze in un unico delirante carosello.

Il ruolo della protagonista principale è affidato all'ex divina Silvana Pampanini. Inattiva da alcuni anni dopo essere stata con non poco autobiografismo un'attrice sul viale del tramonto ne "Il Gaucho" di Dino Risi, pare sia stata costretta a farsi coinvolgere in questo pastrocchio, per il quale non deve aver percepito un cachet esattamente principesco, stante l'evidente latitanza di occasioni migliori.

Nonostante i quarant'anni suonati, riveste la parte di un'improbabile studentessa tedesca dall'irritante quanto fasullo accento teutonico, destinato a trasfigurarsi nel più sguaiato romanesco nel già citato delirante finale metacinematografico. A parte proferire battute agghiaccianti del calibro di "...tutti dire a me tetesca di cavolo ma io no tetesca di cavolo io tetesca di Germania!" e altre amenità simili, il suo ruolo consiste, più che altro, nel mandare costantemente in bianco, nonchè prendere a sberle il povero Franco Latini (ottimo doppiatore di cartoni animati e voce storica di Stanlio dopo l'abbandono del primo ed altrettanto storico doppiatore Mauro Zambuto). Come una sorta di John Belushi ante litteram, il simpatico attore nativo di Pomezia è qui il classico compagno di corso clownesco e sfigato, anche se come studente risulta anch'egli piuttosto attempato.

Tra gli altri interpreti riconosciamo Alberto Bonucci nel ruolo di un serioso insegnante denigratore di Giuseppe Verdi, definito menestrello plebeo che compone senza "cogitazione" (cosa??!!), a vantaggio dei compositori tedeschi (mah!); un giovane Enzo Cerusico ed alcune bellezze very sixty sprofondate nell'oblio, come la trevigiana Franca Polesello, ex Miss Lombardia e presenza abituale di molti B-movies di casa nostra e la graziosa olandesina Thea Fleming.

Per la prima e fortunatamente unica volta nella sua anomala carriera, il Polselli si cimenta anche come paroliere delle canzoni del film, eseguite dal gruppo romano dei "Romans", che raggiunse negli anni a venire una discreta notorietà soprattutto a livello locale. Se "La ballata di un cuore" rimane scolpita quale capolavoro di bruttezza e banalità, è "Il break" il vero e proprio tormentone della pellicola; ripetuto fino allo sfinimento, si risolve in un odioso sillabare idiota indegno persino della peggior musica leggera d'epoca fascista ("Perdona, perdonami Ba Ba Bach, se voglio suonare il BreBre Break" (ascoltare per credere!)).

Girato in ultraeconomia e quasi tutto in interni, dove il Conservatorio si riduce ad un'unica stanza in cui si strimpella a casaccio o si utilizzano strumenti a fiato a simulazione di peti, anticipando dunque stilemi cari a certa commedia pecoreccia del decennio successivo, "Mondo Pazzo, Gente Matta" (titolo più sconclusionato non si poteva trovare) è un film che a giudizio di chi scrive non può mancare nella cineteca ideale di ogni esteta dell'orrido che si rispetti. Deliziosamente bizzarro e povero, rimane un tassello importante per conoscere un autore a suo modo affascinante e fuori dagli schemi, nonchè senz'altro decisamente "outrè".

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