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Lancillotto e Ginevra

Regia di Robert Bresson vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Lancillotto e Ginevra

di luca826
8 stelle

VOTO 7+ DIVERSO? (Tv 23 Giugno 2011) Bresson e il genere cappa e spada, un filone spettacolare per uno dei registi meno spettacolari di sempre, si può così intuire il carattere di sfida alla base del terzultimo progetto dell'autore. Il grande regista francese piega il noto racconto alla sua personale poetica sul rapporto uomo-Dio, la sconfitta dell'umanità è come al solito totale e l'inizio apocalitticamente violento, aggiusta subito il tiro sul grado di perdizione umana. Poi la trama si discosta dai caratteri iniziali, allenta la presa, perde un po' di rigore, per abbracciare dei toni più esistenziali e il titolo originale (non quello italiano), Lancelot du Lac, aiuta a focalizzare il travaglio interiore del cavaliere, il vero fine dello sguardo bressoniano. Le sue indecisioni, le sue azioni, i suoi sentimenti, riflettono l'intimo archetipo caratteriale del regista, divenendo il simbolo della sconfitta in balia di una società inesorabilmente opprimente (la vergogna adultera di Ginevra, il perdono di convenienza di Artù...). Il tutto concluso con il consueto pessimismo, invincibile contro ogni tipo di reazione che sia lealtà o coraggio, non si scappa, il massacro finale non salva nessuno e il film si chiude circolarmente con ferro e sangue come era iniziato. Grande attenzione ai costumi e al sonoro, dove oltre al rumore delle armature, la componente animale è fondamentale e simbolica, con le gazze nei momenti più intimi e segreti di Lancillotto e Ginevra, i cavalli in quelli più significativi della vita dei cavalieri e le taccole (una specie di corvi che predilige torri e castelli) portatrici di morte. Ostico e stratificato come la solito, questo film è forse un Bresson minore, ma sempre interessante, perchè anomalo nella sua filmografia (all'epoca l'autore aveva 73 anni) a testimonianza della volontà di adattare una messinscena così austera ad un tema decisamente bisognoso di ampia visibilità scenica. Come al solito i campi stretti affiancati a campi vuoti del cinema bressoniano sono meravigliosi, però il montaggio alternato sul ritorno dei cavalieri e sull'attesa di Ginevra l'ho trovato, anche se riuscito, un po' troppo convenzionale per lo stile espressivo così personale del grande regista.

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