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I delfini

Regia di Francesco Maselli vedi scheda film

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La recensione su I delfini

di Baliverna
8 stelle

In una cittadina di medie dimensioni, una gruppo di giovani si trascina stancamente tra noia, e mancanza di senso. Il benessere di cui godono è unicamente economico.

Mi ha convinto questo poco noto primo film di Francesco Maselli, che ho visto per la prima volta programmato di recente su Raistoria, in edizione evidentemente di buona qualità, digitalizzata come si deve. Del regista finora circolavano solo i film che avrebbe girato, molti anni dopo, con Nastassja Kisnski, credo a motivo dell'attrice stessa. Era ora, dunque, di rispolverare questa pellicola.
E' il ritratto della generazione di giovani (quelli appena entrati nell'età adulta) in una cittadina di medie dimensioni, di cui si nasconde il nome, ma io vorrei molto conoscere. Sono per lo più rampolli di famiglie benestanti, viziati e annoiati, che si trascinano tra feste, serate, passeggiate, e mattinate al bar cittadino. Alle volte, solo per allontanare la noia, compiono azioni riprovevoli (come il personaggio del bravo Tomas Milian, che soffia la ragazza di un altro solo per sfida). Se lui è il peggiore, nessuno degli altri è veramente positivo. Per lo più sono stupidi ed egoisti, oppure pusillanimi e incapaci di reagire a situazioni che sanno essere sbagliate. L'io narrante è uno di loro, ed è tormentato dalla voglia di andarsene da quel microcosmo soffocante, perché non offre prospettive o speranze di cambiamento.
Un male che affligge la cittadina tutta è il continuo pettegolare dei casi privati degli altri, e la condanna morale ipocrita se qualcuno sgarra. Proprio ipocrita, perché non è un problema per nessuno se sotto il sepolcro imbiancato vi sono ossa e putridume. L'importante, per tutti, e salvare le apparenze. Claudia Cardinale, giovane e bellissima, dà una prova convincente nell'interpretare una ragazza che oscilla continuamente tra l'accettazione della misera realtà, e i tentativi di uscirne. Per lei che si rende conto di quanto sia futile la vita che le si prospetta, accettarla, pertanto, è come inchiodare il coperchio della bara in cui si è adagiata ella stessa. A questo proposito, vi è una scena secondo me agghiacciante e molto ben girata.
Sua madre ha una vera ossessione per "cosa dirà la gente", che finisce per essere l'idolo a cui si deve sacrificare tutto: felicità, coscienza, amore, realizzazione personale. Nessuno di loro si preoccupa minimamente di com'è veramente, neppure dove dovrebbe, come in chiesa.
In una parte secondaria, vediamo Claudio Gora, naturalmente in un ruolo viscido e antipatico.
E Tomas Milian lo preferisco molto qui e negli altri film che girò in questi anni, piuttosto che come il commissario Monnezza nelle ben note, ma bislacche pellicole di Bruno Corbucci.
Consigliato a tutti gli amanti del cinema italiano degli anni '60, quando ancora si scrivevano buoni dialoghi e si delineavano personaggi convincenti.me.

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