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Decalogo 7

Regia di Krzysztof Kieslowski vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Decalogo 7

di Aquilant
8 stelle

L’amore filiale nella sua forma più esasperata costituisce il tema predominante di questo Decalogo 7 che ci tratteggia impietosamente il penoso vagare alla deriva di esseri umani derubati degli affetti familiari e ridotti a recitare ruoli che richiamano molto da vicino i “mondi di marionette” bergmaniani.
Con morbidi tocchi di una fotografia tendente quasi ad un colore denaturato, depurato da tutte le sue asperità, ridotto ad un’asciutta purezza di forma giustificata dalla particolare delicatezza dell’argomento trattato e dal tono quasi sognante con cui alcune sequenze sono presentate agli occhi dello spettatore, Kieslowski sottopone i suoi tormentati personaggi ad uno spietato confronto con un passato ormai immerso in vuoti di memorie, fatto di scelte sbagliate, di muri di egoismo autoreferenziale, di sensazioni di rifiuto, di legittime madri spodestate dell’affetto filiale, di regressioni nell’infanzia. Esseri vaganti nel vento del nulla, alla mercé di un destino intento a stravolgere implacabilmente il corso degli eventi.
Il settimo comandamento, “Non rubare”, è qui da intendere come espressione di un reato della massima gravità. Sottrarre una figlia alla legittima madre, ovvero appropriarsi di una maternità altrui è infatti un gesto che tende a violentare la natura stessa dell’essere privandolo del bene più prezioso, peraltro frutto di una ben precisa scelta d’amore. Il regista segue molto da vicino l’evoluzione della storia, evitando una volta tanto di tenersi a distanza dagli avvenimenti come se non lo riguardassero direttamente e delineando i tormentati aneliti d’esistenza dei protagonisti con accenti toccanti ed accorati, denotando una spiccata sensibilità d’animo nei confronti di questo anomalo dramma di due madri che lottano per il possesso della medesima bambina.
Ma il disumanizzante finale che non si cura di rimettere ogni tassello al posto giusto, introducendo al contrario l’inaspettato tema della fuga inserito all’interno di un atto di palese ingiustizia, ci lascia sicuramente con molto amaro in bocca, richiamandoci alla mente quell’ingiustizia mascherata da giustizia ampiamente documentata nel quinto episodio della serie. Ma così come la trasgressione del comandamento che ci impone di non uccidere continua a perpetrarsi indisturbata nel corso del tempo, così anche la raccomandazione di non rubare è ben lungi dall’essere rispettata, almeno a giudicare dallo struggente epilogo della vicenda. Ed allo stesso modo del Decalogo 5 che pone sullo stesso piano sia l’assassino che lo stato quale implacabile esecutore di una legge ingiusta, vengono qui accumunate nel reato di furto sia la madre fittizia, a causa della sua appropriazione indebita di una maternità non sua, che quella reale, costretta a ricorrere al furto per riconquistare il suo bene prezioso. Ed in questo dramma collettivo dell’esistenza, tratteggiato dal regista senza peraltro emettere alcun verdetto di soluzione o condanna, resta impresso indelebilmente nella nostra mente il gesto spontaneo della figlia contesa che nel finale abbozza un accenno di rincorsa verso il treno in movimento: forse in questa sordida contesa tra adulti noncuranti dei potenziali danni arrecati ad una delicata psiche infantile solamente la fanciullesca ingenuità di una bimba è apparsa in grado di intuire un barlume di verità.













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