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Diciassette anni

Regia di Zhang Yuan vedi scheda film

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La recensione su Diciassette anni

di degoffro
8 stelle

Dalla Cina un'altra opera intensa e coinvolgente, viva e amara, vera e delicata, quasi documentaristica, un ritratto pieno di tristezza, impregnato di solitudine, dolore, rimpianti, malinconie, paure ed incertezze, ma anche di speranza e dolcezza, di amore e solidarietà, di amicizia e tenerezza non solo nello splendido e sincero rapporto che si instaura tra Tao Lan e la guardia carceraria che la accompagna nel suo peregrinare alla ricerca dei genitori, ma anche e soprattutto nel toccante ed intensissimo finale che vede la famiglia riunita, dopo tantissimi anni, a piangere e ripensare su come sia stato possibile ridursi in quella condizione, e tutto per colpa di pochi spiccioli. Un'opera che colpisce al cuore ed emoziona, dove i gesti, i comportamenti, i silenzi, gli sguardi, il non detto valgono più delle parole. Dialoghi essenziali, asciutti, realistici e molto efficaci: soprattutto i rimproveri che la guardia fa continuamente a Tao Lan per stimolarla a reagire, per farle capire che, nonostante i suoi migliori anni siano volati via, una nuova vita è possibile, basta volerlo: come dalle macerie di un quartiere si può ricostruire un nuovo complesso edilizio, così dalle macerie di un passato doloroso, sofferto, anche immeritato si può ricominciare e tentare di riprendere il cammino, verso un futuro che può essere ancora stimolante e ricco. Tao Lan, uscita, dopo diciassette anni, per una licenza premio di tre giorni dal carcere, dove era stata rinchiusa per avere ucciso accidentalmente con una bastonata la sorellastra Yu Xiaoqin, è spaesata, perplessa, apatica, incredula, intimorita, indifesa (grande in questo senso la prova della protagonista Liu Lin, capace di trasmettere allo spettatore tutto lo smarrimento del personaggio): tutto è cambiato, il paese si sta trasformando, il progresso avanza, il passato è lontano, la modernità sta prendendo il sopravvento. Il suo desiderio più grande sarebbe quello di rimanere in carcere, restare fuori da quel mondo che si sta evolvendo e modificando. I genitori non si fanno più sentire da oltre due anni e mezzo e non sono nemmeno venuti a prenderla all'uscita dal carcere per portarla a casa. Sola, piena di malessere e di sconforto, priva di quell'entusiasmo che dovrebbe avere ogni persona che rivede la libertà dopo tanto tempo, Tao Lan vaga quasi come un fantasma in una realtà nella quale non si riconosce più, che non sente più sua. Solo l'aiuto, la semplicità e bontà della guardia carceraria che prende a cuore il suo caso, facendole quasi da angelo custode la scuoterà dal suo torpore generale: splendida la sequenza in cui le due ragazze, finalmente giunte davanti alla casa di Tao Lan, si salutano. Tao Lan però non ha il coraggio di entrare da sola, insegue la sua compagnia di viaggio, la raggiunge, la osserva con lo sguardo perso, senza dirle nulla. La guardia capisce tutto e decide di accompagnarla fino in casa, stando con lei nel difficile momento dell'incontro con i genitori. Scritto e diretto da Zhang Yuan con estrema sensibilità, misura, in intelligente equilibrio tra passato e presente, ieri e oggi, pubblico e privato, con un'attenzione e una partecipazioni quasi femminili, il film ha incontrato non pochi problemi con la censura cinese, tanto che per partecipare alla Mostra di Venezia ha dovuto battere bandiera italiana. Prodotto dall'italiana Fabbrica Cinema con la collaborazione della Rai (gli stessi responsabili di "No man's land" si vede che hanno occhio!!), girato a Pechino negli studi di Xi'an, terminato in postproduzione nei laboratori di Fabrica (Treviso) della Benetton con il montaggio di Jacopo Quadri e la consulenza di Marco Müller, il film si è poi preso la sua bella rivincita conquistando il premio per la regia a Venezia: come dire che tanto per cambiare nessuno è profeta in patria.
Voto: 7+

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