Regia di Elia Kazan vedi scheda film
L'ignoranza, il ristagno culturale in cui vive l'americano medio alla fine della seconda guerra mondiale: questo è il postulato da cui parte il film. Non basta 'odiare' l'antisemitismo, se esso è nell'aria, fa parte della quotidianità, è ormai integrato a livello sociale: così procedendo si perdono le nozioni fondamentali della questione, ovvero le ragioni per cui tutto ciò è nato e prosperato, e si finiscono per dare per scontate le provocazioni e i pregiudizi ormai radicati. E' così che la fidanzata del protagonista neppure si accorge di insultare un bambino, che piange perchè emarginato come ebreo, dicendogli che non deve preoccuparsi perchè non lo è davvero (piuttosto che spiegargli che semplicemente non è un infamia, essere chiamato ebreo). Questo è il rischio a cui si va incontro; altro rischio è quello che Kazan corre mettendo in scena una storia ben poco pratica e molto teorica, ovverosia poca azione e molti dialoghi e dibattiti. In totale tanti sbadigli, per un film comunque gradevole con un signor protagonista.
Un giornalista decide di studiare a fondo l'antisemitismo nella società americana: si spaccia per ebreo e vede così ergersi attorno a lui una sorta di 'barriera invisibile'. Anche la fidanzata, a conoscenza dell'inganno, non trattiene un moto di ostilità verso di lui.
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