Regia di Antonio Pietrangeli vedi scheda film
Una ragazza di paese, costretta dalle condizioni economiche della famiglia, va a Roma a fare la servetta; cambia diversi padroni, si innamora di un idraulico che poi la lascia per sposare un’altra, rimane incinta e decide di crescere il bambino da sola (seguendo l’esempio di una collega e amica). Pietrangeli, al suo esordio, prende personaggi e situazioni da neorealismo rosa, li sviluppa in modo da sfiorare il melodramma e realizza qualcosa di profondamente originale. Irene Galter, che poi ebbe poca fortuna, inaugura la galleria di protagoniste femminili forti e delicate, alle prese con l’egoismo e la meschinità degli uomini (Jacqueline Sassard in Nata di marzo, Simone Signoret in Adua e le compagne, Sandra Milo in La visita, Stefania Sandrelli in Io la conoscevo bene), che sono l’elemento più interessante e riconoscibile della filmografia del regista: pur senza esplicite prese di posizione ideologiche, rappresentano nuove tipologie umane sorte nel dopoguerra, che imparano a muoversi con leggerezza tra le maglie di una società ancora fortemente maschilista (qui, oltre all’idraulico, ci sono i fratelli della ragazza, che vendono la casa di famiglia senza neanche avvertirla per emigrare in Australia, e un giovane siciliano, che vorrebbe sposarla solo perché attratto dall’eredità promessale da uno dei suoi padroni). Il film delinea poi anche una storia di solitudine metropolitana, con la protagonista inizialmente sperduta tra i palazzoni recenti e le strade anonime della periferia. Unici nei: Ferzetti, troppo signore per un ruolo così popolare, e la musica troppo invadente.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta