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La stagione della strega

Regia di George A. Romero vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La stagione della strega

di maurizio73
4 stelle

Interessante ed irrisolto pastiche di horror psicologico e dramma sociale che mescola le istanze di una irriverente critica alle convenzioni borghesi con le pulsioni libertarie di un irriducibile femminismo militante, è penalizzato purtroppo da un montaggio approssimativo che ne ha snaturato la continuità narrativa.

Jan White (Joan Mitchell) casalinga insoddisfatta con una figlia rivale ed un marito distratto, inizia a vagheggiare una vita più libera e indipendente fantasticando sui misteriosi poteri esoterici che sarebbe in grado di fornirle un corso autodidatta per aspiranti megere. Le daranno una mano la relazione fedifraga col fidanzato della figlia ed una strega professionista che si offre di iniziarla ai misteri dell'occulto. Finale tragico.

 

locandina

La stagione della strega (1972): locandina

 

Produzione funestata da varie vicissitudini economiche e da misteriosi aneddoti che ne accompagnarono la messa in scena, il terzo lungometraggio di George A.Romero è un interessante ed irrisolto pastiche di horror psicologico e dramma sociale che mescola le istanze di una irriverente critica alle convenzioni borghesi con le pulsioni libertarie di un irriducibile femminismo militante. Penalizzato da un montaggio approssimativo che ne ha snaturato la continuità narrativa, vorrebbe bilanciare la lenta deriva di una nevrosi dissociativa mai portata a compimento con le notazioni simboliche di riferimenti esoterici in funzione iconoclasta, alternado il mondo di fantasticherie di una protagonista frustrata e inconsapevole con la messa in opera di comportamenti sociali che mettano in discussione il ruolo subordinato e sottomesso di una moglie e madre destinata alla marginalità di un eremo domestico. Decisamente raffazzonato nel registro narrativo, incrocia in maniera madestra l'onirismo di Frankneimer (Seconds - 1966) o di Polanski (Répulsion 1965 - Rosemary's Baby 1968) con le fustigazioni sociali alla Mike Nichols (The Graduate - 1967), facendo compiere alla sua dichiarata e conturbante Mrs Robinson un viaggio iniziatico che ambisce alla consacrazione ad un Signore del Male con la maschera da Caprone ma che finisce per stendere il marito sulla soglia di casa con la scusa dell'autodifesa. Attraversato da una latente vena misogina e scosso dai sussulti roccheggianti e psichedelici del brano di Donovan da cui prende spunto il titolo italiano, appare piuttosto confuso e cotraddittorio nel presentarci una figura di donna che non sa bene dove vuole andare a parare, smarrita tra un ruolo sociale che sembra andarle troppo stretto ed una emancipazione psicologica che si fonda su trucchetti ed evocazioni misteriche che non sortiscono mai l'effetto sperato (lei che invoca un demone dopo il primo amplesso e lui che la prende con la forza per la seconda volta!) rivelandosi succube perfino nel disincanto della relazione extraconiugale. Inconsistente la caratterizzazione di personaggi afflitti da una totale irrilevanza psicologica, compresa una bellissima protagonista femminile dagli occhi di ghiaccio che giace nuda e prona durante la ridicola messinscena del suo primo sabba.

 

Tremate, tremate, le streghe son tornate! 

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