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La settima vittima

Regia di Mark Robson vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La settima vittima

di axe
7 stelle

Mary Gibson, sedicenne studentessa di un college, apprende che la sua unica parente, la sorella Jaqueline, da alcuni mesi non paga la retta. Mary si reca a New York per incontrare la sorella ed apprende che Jacqueline è scomparsa, dopo aver ceduto l'attività di cui è titolare. Inizia, dunque, un'indagine, per scoprire cosa sia stata la sorte della parente, coinvolgendo altre persone, una delle quali, un investigatore privato, rimane uccisa in circostanza misteriose. In quale intrigo è coinvolta Jaqueline ? Ci racconta la sua storia il regista statunitense Mark Robson, il quale porta in scena un thriller torbido, dalle atmosfere morbose, ambientato in una New York la cui caratterizzazione di metropoli frenetica e popolata di una moltitudine indifferente troviamo in molto cinema dei decenni successivi. Il regista segue inizialmente i passi di Mary, giovanissima, ingenua, innocente - proprio perchè cresciuta lontano dalla grande città - la quale conduce una indagine di stampo classico, ricostruendo gli ultimi incontri e spostamenti di Jaqueline. La sorella maggiore fa una fugace apparizione, per poi, nuovamente scomparire; tra lei e Mary si frappongono una schiera di personaggi ambigui, dal ruolo incerto. Pian piano apprendiamo cosa sia accaduto a Jaqueline. Ella appartiene ad una setta di adoratori del male, i quali, pur apparendo sostanzialmente inoffensivi nei confronti degli individui a loro estranei, non ammettono defezioni. Jacqueline vorrebbe abbandonare il gruppo; essi non possono permetterlo, poichè ciò ne comprometterebbe la segretezza. Riconoscono come leciti l'omicidio e l'induzione al suicidio, strumento che sfruttano contro la donna. Suo malgrado, Mary è coinvolta nel confronto a distanza con questi personaggi. Con un intento che immagino essere di critica sociale, il regista li tratteggia quali borghesi afflitti dalla noia, inerti, all'apparenza privi di ideali ed incapaci di slanci che consentano loro di uscire dalla "palude morale" nella quale vivono immersi. Jacqueline, personaggio tormentato, trova la forza di fare autocritica, ed un conseguente tentativo di elevazione. La scuote anche la presenza di Mary in città; la più vitale e positiva sorella le può apparire moralmente irragiungibile. Ciò, di certo, non aiuta Jacqueline e la porta, infine, a conseguenze che potrebbero essere negative. Cosa avvenga in epilogo può, infatti, essere intuito, ma non vi sono certezze. Il film non è invecchiato male; negli anni '40 le possibilità tecniche non erano quelle odierne, pertanto non vi sono effetti speciali. La tensione è tenuta alta da giochi di ombre, apparizioni fugaci; allo spettatore sono offerti indizi che potrebbero aiutarlo nella comprensione, o far crescere la curiosità. Per l'intero racconto si ha l'impressione che gli eventi siano manovrati da forze sconosciute ed oscure; degli "dei ex machina" che decidano delle sorti di ognuno. Di fatto, è così, ma le loro finalità sono di poco rilievo; i personaggi della setta sono autoreferenziali, anch'essi vittime di una società cittadina estremamente complessa, nella cui indifferenza possono trovare origine devianza mentale, morbosità. Le sorelle Mary e Jacqueline Gibson, così diverse tra loro, sono interpretate da Kim Hunter e da Jean Brooks. Alla sincera preoccupazione del primo personaggio sono contrapposte l'agitazione, e poi la disillusione del secondo. Il ritmo è sostenuto; il film è di breve durata per gli standard odierni. Mark Robson fa il suo esordio realizzando un'opera ascrivibile in diversi generi; thriller, ai confini dell'horror, per temi ed atmosfere; giallo nell'intreccio; drammatico nei contenuti per le ricostruzioni sociale ed ambientale che offre; ancora oggi godibile e di sicuro interesse.

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