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Teatro di guerra

Regia di Mario Martone vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Teatro di guerra

di sasso67
8 stelle

A Napoli, nel 1994, si incrociano le prove per due diverse rappresentazioni: Leo sta cercando di mettere in scena "I sette contro Tebe" di Eschilo, da portare anche in trasferta a Sarajevo sotto assedio, e Franco Turco, direttore del Teatro Stabile ha problemi con la primadonna della "Bisbetica domata" di Shakespeare.
Il film di Martone, uno dei pochi Autori - nel bene e nel male - del nostro cinema, si rivolge in particolar modo al ceto intellettuale, meglio se con esperienze teatrali, e qui sta il suo maggior limite, ma resta, nonostante tutti i difetti, un'opera spettacolarmente valida e moralmente sofferta. Gli spunti offerti allo spettatore sono tantissimi, anche al di là della tematica prettamente teatrale, e comunque artistica, del se sia giusto mettere in scena, se fare teatro, per gente che sta soffrendo le atrocità di una guerra. La risposta di Leo è quella più ovvia, ma anche quella innalzata al livello più alto da Brecht, secondo la quale se si deve cantare nei tempi bui si deve cantare dei tempi bui. Allo stesso tempo è necessario che l'artista faccia l'artista: è dunque necessario che ognuno compia il proprio dovere morale, perché solo così si può evitare la tragedia della guerra. Lo stesso discorso vale per i Quartieri Spagnoli di Napoli, sotto assedio come Sarajevo, tenuti sotto scacco dalle bande camorristiche e sorvegliati allo stesso tempo da una polizia sempre più sull'orlo di una crisi di nervi. E così la tragedia di Eschilo vale tanto per la città straziata dalla guerra civile quanto per quella inchiodata dalla malavita organizzata. Ovviamente il finale sarà amaro, soprattutto per coloro che, sperimentando nuovi linguaggi e cercando di alimentare nuove speranze mediante esperienze artistiche innovative e interculturali, dovranno ingoiare il boccone amaro della sconfitta e del rinvio alle calende greche, mentre coloro che si adagiano sugli allori di un facile successo (la compagnia del Teatro Stabile) può abbandonarsi agli antichi riti del vecchio teatro, le cene fino a notte fonda, l'attesa per i giornali del mattino per leggere le recensioni... Questa differenza d'impostazione è sottolineata da Martone anche con una serie di scambi di ruolo tra personaggi delle due compagnie: l'attrice classica Sara (Bonaiuto), rifiutata dal regista (Servillo) per la sua forte personalità che la fa considerare una rompicoglioni, s'infogna nell'aleatoria esperienza dei "Sette contro Tebe" d'avanguardia, mentre la giovane e anticonformista Luisella (Forte), già nella compagnia dei Quartieri Spagnoli, si ritrova nella parte di Caterina nella "Bisbetica domata".
La cosa migliore del film è comunque la descrizione di Napoli (o almeno del suo centro storico) che dà Martone, probabilmente il più vicino, oggi, all'anima partenopea. Questa Napoli sembra ancora più vera di quella, già notevole, descritta in "L'amore molesto".
Merito della riuscita di questo Teatro di guerra va anche ad alcuni attori che mettono in luce o, in alcuni casi, confermano la propria bravura: tra i primi Andrea Renzi, tra gli altri Anna Bonaiuto (brava e, secondo me, bella), nella vita anche moglie di Martone, Toni Servillo e il roccioso Peppe Lanzetta, che riesce quasi a renderci simpatico il classico boss di quartiere.

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