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Loro

Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Loro

di axe
8 stelle

Nel 2006, la coalizione dei partiti di centro-destra perse le elezioni politiche con un margine molto basso. Negli anni successivi, il suo leader Silvio Berlusconi fu coinvolto in una serie di scandali, e vicende personali, delle quali ancora oggi si dibatte sui media e nelle aule di tribunale. Il film "Loro" di Paolo Sorrentino racconta la storia del suddetto personaggio, a cavallo di quel periodo, intrecciandola con l'avventura dell'imprenditore Sergio Morra - nome di fantasia - il quale riuscì ad inserirsi nella cerchia di persone vicine all'uomo politico grazie al procacciamento di ragazze belle e disponibili, per coinvolgerle in feste sfarzose dal torbido epilogo. Mentre il faccendiere s'impegna insieme alla moglie Tamara per replicare in grande i suoi già ben collaudati metodi - entrare nelle grazie di personaggi influenti sfruttando le doti di giovani ambiziose e disinibite, al fine di favorire buoni affari, anche in spregio alla legge - il "Presidente" passa il tempo nella sfarzosa villa in Sardegna, recriminando contro la malasorte che l'ha condotto alla sconfitta elettorale; appare un po' affaticato, ma di certo non domo. Rinfrancato dal ricordo dei fasti del passato, circondato da una corte di amici e "clienti", consapevole delle proprie abilità intellettuali e comunicative, medita una riscossa. Nel frattempo, si rilassa e si gode la vita, sfruttando i benefit permessi dal censo. Villeggia con lui la moglie, Veronica; annoiata e visibilmente stanca della prosopopea del suo uomo, si allontana per un lungo viaggio. E' il momento di Sergio. L'ambizioso imprenditore, dopo aver fatto sfoggio di un'allegra compagnia di ragazze, in una villa in Sardegna prossima a quella del potente politico, ne fa conoscenza, ed è invitato, insieme alle ragazze, ad una grande festa; ma le cose non vanno come sperava, poichè l'unica giovine che fa colpo è quella meno disponibile. Sfumata l'occasione, Sergio rimane con nulla in mano. Nel frattempo, grazie ad una "compravendita" di parlamentari, il governo cade. Le elezioni premiano il "vecchio leone", ma gli scandali, una sequenza di brutte figure a livello internazionale, il trovarsi ad affrontare l'emergenza generata del terremoto in Abruzzo, e, soprattutto, l'abbandono della moglie, lo fiaccano. Il regista racconta le feste sfarzose, gli eventi, gli intrighi che coinvolgono il "suo" Berlusconi e relativa corte evidenziandone la vacuità e l'inconsistenza. Sullo sfondo di epocali eventi che interessano la nazione, il protagonista vive la sua "fase calante". Si rifugia nel ricordo di un ruggente passato; può permettersi tutto, eppure nulla ormai lo soddisfa; il suo modo d'agire, spericolato e sprezzante, non "paga" più. Il Berlusconi di questa storia è un vecchio. Non lo salvano da tale connotazione ne' i capelli tinti e l'abbigliamento sportivo, ne' la ricerca di compagnie giovanili. Le partecipanti alla festa presso la sontusa villa dell'uomo, ammaliate dal mito o semplicemente in cerca di vantaggio economico o "professionale", rimangono molto deluse dalla tavolona imbadita per loro in mezzo ad un prato, da una pista da ballo improvvisata, dalle giostre e dai gelati; il tutto richiama, simbolicamente, un ambiente conviviale degli anni che furono, ricostruito a beneficio del protagonista, il quale, immergendosi in esso, torna il giovane rampante e dalle ottime prospettive che fu. A tale glorioso passato fa riferimento Veronica, quando gli comunica, con durezza, ma anche dolore e rimpianto, l'intenzione di lasciarlo. La donna, pur disprezzandolo per il disdicevole comportamento tenuto nella vita privata - cita, in particolare, la partecipazione alla festa dei diciotto anni della giovane Noemi Letizia - ed imprenditoriale - facendo riferimento al colossale finanziamento con denaro di provenienza misteriosa ricevuti al decollo della sua carriera - rimpiange il Silvio di una volta, del quale era sinceramente innamorata. Il film si chiude con sequenze che lo mostrano solo, accendere finalmente il vulcano-giocattolo che ha nel giardino, di cui racconta a tutti le meraviglie, ed assistere all'incerto spettacolo; è metafora della decadenza di un idolo di cartapesta, di promesse non mantenute, del definitivo svelarsi di un bluff. Nello stesso momento, altrove, nella sofferenza, vera ed estrema, spunta il seme di una rinascita. Ottima interpretazione, nelle vesti del protagonista - e, per breve tempo, di un suo amico e sodale, Ennio Doris - per Toni Servillo, il quale recita sfruttando un accento milanese dal suono "artificiale", comunicante entusiasmo solo di facciata. Buone interpretazioni per Elena Sofia Ricci, convincente nel ruolo di Veronica; Riccardo Scamarcio, lo spregiudicato Sergio Morra; Kasia Smutniak, Kira, la "favorita" del protagonista, destinata alla sconfitta. Piccole parti per Fabrizio Bentivoglio - il viscido seguace politico Santino Recchia - Ricky Memphis, Fabio Concato, nel ruolo di sè stesso. Il ritmo è lento; accade poco, e comunque tutto è ampiamente documentato dalle cronache, mondane e giudiziarie. Paolo Sorrentino dedica molto tempo ed un'estrema cura alla ricostruzione degli ambienti, con tonalità sfioranti il grottesco. Rappresenta le trasgressive feste di Sergio Morra, animate da musica, alcool e droghe varie, le quali "lubrificano" le interazioni sociali e facilitano gli approcci sessuali; egli stesso e la sua compagna sono cocainomani. Racconta le giornate e gli svaghi di Silvio e la sua corte, di donne "rifatte" e personaggi ambigui, pronti a contendersi i suoi favori. Dà una sommaria descrizione delle ragazze; a bei corpi - per quanto alcuni "artificiali" - non sempre corrispondono spiriti sani. Confusamente ambiziose, insoddisfatte, prive di punti di riferimento, queste giovani donne vedono nel mito uno strumento di realizzazione. Ma non una di esse esce pulita dall'avventura in Sardegna; neppure, nel suo intimo, la giovanissima Stella, la quale si allontana dalla scena tracimente di nausea. E' forte la contrapposizione tra le macerie morali nelle quali avanza il protagonista, e gli eccezionali panorami delle coste sarde. Paolo Sorrentino, senza essere eccessivamente didascalico, esprime una forte critica nei confronti del personaggio di Berlusconi  e del suo atteggiamento, ispirante un populismo autoreferenziale in grado di trovare consenso trasversale tra persone di età, censo e grado d'istruzione diversi, tanto in buona, quanto in cattiva fede ("se lo fa il Presidente del Consiglio, posso farlo pure io"). E' il berlusconismo, secondo alcune opinioni, tra i peggiori mali dell'Italia dell'ultimo trentennio. Immagino che, data l'attualità degli argomenti trattati, sia cosa ardua seguire la linea dell'imparzialità nel giudicare l'opera. Fermo restando che molto di ciò che è raccontato è cronaca, o comunque ha trovato conferma in successivi accertamenti dei fatti, limitandomi in questa sede ad una valutazione artistica, non posso che essere molto soddisfatto della visione. Paolo Sorrentino racconta il declino morale di un uomo di potere e della sua "visione" - la quale ha influenzato fortemente la storia recente della nazione - utilizzando il suo complesso ed evocatico linguaggio, ricco di simboli e metafore e ben sfruttando le capacità di un nutrito cast, all'interno del quale Toni Servillo è "primus inter pares".

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