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Koudelka fotografa la Terra Santa

Regia di Gilad Baram vedi scheda film

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La recensione su Koudelka fotografa la Terra Santa

di obyone
8 stelle

locandina

Koudelka fotografa la Terra Santa (2015): locandina

 

Chi meglio di Josef Koudelka possiede l'esperienza umana ed artistica per rappresentare le barriere, i muri e i reticoli spinati che separano fisicamente e ideologicamente palestinesi e israeliani? Balzato agli onori della cronaca grazie ai rullini (trafugati in forma anonima in Occidente) che documentarono l'invasione di Praga da parte dei carrarmati sovietici nell'agosto del 1968, Koudelka, prese, in seguito, la sofferta decisione di lasciare la Cecoslovacchia e chiedere asilo politico in Occidente. Koudelka ha lavorato 20 anni per la celeberrima agenzia Magnum (che l'aiutò ad espatriare) girando il mondo con la sua macchina fotografica al collo, e vedendosi riconosciuto il merito del coraggioso lavoro tra le vie della capitale boema mentre infuriava la rivolta giovanile per l'occupazione militare che sancì la fine della Primavera di Praga. Quarant'anni dopo quelle vicende, durante un viaggio non particolarmente desiderato, arrivarono le prime foto della Terra Santa, luogo martoriato dalle discrepanze religiose ed economiche e diviso da un muro che ricorda tutt'oggi quello di Berlino. Benché la fama di Koudelka sia da imputare, in gran parte, agli eventi che coinvolsero il suo paese d'origine, è anche vero che negli anni successivi non si occupò di reportage di guerra preferendo un altro genere di fotografia. Di conseguenza, come egli stesso dichiara durante il documentario, preferì non farsi coinvolgere negli affari israelo-palestinesi, cosa che evidentemente non gli riuscì in pieno, se dopo le iniziali perplessità, il fotografo della "cortina di ferro" si sarebbe recato in Terra Santa svariate altre volte negli anni immediatamente successivi al primo viaggio.

 

Josef Koudelka

Koudelka fotografa la Terra Santa (2015): Josef Koudelka

 

Il film diretto da Gilad Baram è prima di tutto un efficace documento sullo sviluppo creativo. Fotografo e regista si recano in un luogo d'interesse e mentre quest'ultimo riprende la scena, Koudelka prepara lo scatto cercando il posto adatto, posizionandosi nel modo ottimale per conferire al lavoro la giusta angolatura e la miglior luce. Un lavoro certosino e silenzioso che può richiedere ore di (vana) attesa nella speranza che la pioggia lasci spazio al sole o la nebbia e l'afa si diradino per restituire la luce desiderata. Alla fine ci vengono mostrati gli scatti ottenuti, spesso intervallati da altre fotografie dell'autore. Ma il documentario non si esaurisce nella mera descrizione del processo realizzativo. A descrivere questo luogo complesso non sono solo fotografie di rara bellezza (meraviglioso lo scatto tra i fili spinati) ma soprattutto gli incontri con la gente che Baram diligentemente riprende dando un respiro più ampio al proprio lavoro. I bambini che, timorosi ma eccitati, osservano il paesaggio, attraverso l'obiettivo della fotocamera, ci riportano coi ricordi all'Italia della liberazione quando i soldati americani distribuivano cioccolata e sorrisi a bambini stanchi ma giocosi. La donna che mestamente racconta a Koudelka il perché del muro ("ci hanno divisi per proteggerci"), ci porta a riflettere sulla realtà pratica oltre che ideologica. Non si riesce, invece, a trattenere l'indignazione quando i soldati israeliani fermano al check-point un palestinese per il controllo dei documenti. Lo sà l'uomo fermato, quanto lo spettatore, che arbitrariamente, verrà tenuto lì per ore al solo scopo di fargli perdere una giornata di lavoro, pratica assai diffusa, purtroppo, come quella di chiudere i gate del "muro' senza motivo, costringendo pendolari e turisti ad assurdi spostamenti nella speranza di trovare aperto un varco a chilometri di distanza. Oltre alla politica c'è spazio anche per una riflessione ambientalista che si manifesta nella dolorosa sorpresa di Koudelka che al posto di un ristorante sul Mar Morto, già fotografato in passato, trova il suo orribile scheletro abbandonato, poiché la riva del lago si è spostata di centinaia di metri al suo interno. Baram non rinuncia, di tanto in tanto, ad una risata amara e con quella ci lascia alla fine del film, insieme ad una riflessione importante: l'arte non va mai sottovalutata e l'obiettivo di una macchina fotografica è come il fucile dei tanti militari incontrati. Lo si crede innocuo, invece, spara colpi a raffica che se colpiscono la coscienza possono causare effetti difficilmente quantificabili per il potere in carica.

 

Riaperture Festival Fotografia - Cinema Boldini - Ferrara

 

Josef Koudelka

Koudelka fotografa la Terra Santa (2015): Josef Koudelka

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