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Figlia mia

Regia di Laura Bispuri vedi scheda film

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La recensione su Figlia mia

di alan smithee
7 stelle

In una Sardegna quasi senza tempo, in cui è difficile scorgere i segni distintivi della modernità odierna (l’uso dello smartphone appare solo in seguito, e le vetture in primo piano potrebbero tranquillamente riferirsi a metà anni ’80, per non parlare della canzone trainante, “Questo amore non si tocca”, di Gianni Bella, transitata a poco tempo di distanza dal bel film di Guadagnino Chiamami col tuo nome), la piccola e timida Vittoria, rossa di capelli quasi un plausibile motivo ereditario, vive un rapporto di attaccamento esclusivo con la madre Tina (Valeria Golino, dolce e materna, ma anche determinata e poco arrendevole), con la quale dorme persino assieme nella medesima cameretta, ben felice ed ormai assuefatta da questo senso di protezione sin ossessivo che la genitrice ostenta nei suoi confronti.

Capiremo presto perché, come capiremo i motivi per cui la donna è solita far visita, nell’entroterra del paese sardo che la ospita dalla nascita, ad una fattoria mezza in rovina gestita – si fa per dire – da una giovane disinibita e bizzarra creatura, Angelica (una ottima, sensuale Alba Rorhwacher, ninfa di paese usata e gettata crudelmente da tutti al suo destino) che vive degli aiuti della donna, allevando bestiame a cui si affeziona e che non riesce gestire come eventuale fonte di reddito, e di relazioni promiscue tra la fauna maschile che la considera e tratta come la prostituta del paese.

Non occorre particolare perspicacia per comprendere che quest’ultima è la madre naturale della piccola, sottratta volontariamente dalla nascita dalla coppia rappresentata da Tina e dal marito pescatore. I problemi sorgono quando la coppia di genitori adottivi, una volta a conoscenza dello sfratto immobiliare che incombe sulla ragazza, apparentemente decisa a prendere il largo verso il Continente, decide di portare con sé la piccola in una delle frequenti visite attuate a scopi di rifornimento di viveri, pattuito con la cessione della piccola alla nascita.

Riuscirà il fascino imprudente e disinibito di una madre naturale indolente ed inaffidabile, ma affascinante agli occhi curiosi di un bambino, a prevalere sulla figura rassicurante, ma certamente e proprio a causa di ciò meno coinvolgente e di fatto più pedante e scontata della madre “ufficiale”?

La vicenda - diretta con trasporto emotivo e tramite lunghi, funzionali e piuttosto ben cadenzati piani sequenza che si incentrano sulle tre figure femminili, quasi estraniando ogni altro personaggio o relegandolo alla dimensione di uno scorcio funzionale e paesaggistico – permette alla giovane regista Laura Bispuri, alla sua seconda opera dopo Vergine Giurata, di delinearci un rapporto a tre che incrina un patto bilaterale che vedeva al centro Tina, e le altre due donne coinvolte ognuna per la propria parte, consapevole o meno, impegnate in qualche modo ognuna a rispettare il proprio patto o ruolo.

Riuscirà il legame naturale, pur scriteriato e senza controllo, ad avere la meglio su quello premeditato e composto, artificiale ma tatticamente perfetto offerto da una madre modello ad una figlia considerata come un dono del cielo?

Il film ha il merito di sviscerare con passione e carattere il dipanarsi di un rapporto contrastato a tre che pare sul filo di tracimare nella disgrazia più nera, nello scatto inconsulto che provoca la tragedia.

Poi, come nella vita di tutti i giorni, le soluzioni arrivano anche tramite mezzi termini, accomodamenti, ripensamenti, pentimenti, quando la logica e la riflessione riescono ad illuminare anche scelte avventate compiute impulsivamente da un candido animo bambino che procede inesperto, condotto da sensazioni ed istinti poco prudenti, in nome di una voce interiore che pare suggerire proprio che “questo amore non si tocca”.

Bei colori vivi, terragni, ove l'elemento madre del luogo che ospita la vicenda, diviene qualcosa di più che una semplice scenografia, ma un elemento spoglio e brutale dal quale tuttavia è difficile riuscire ad allontananrsi.

In un piccolo ruolo da proprietario terriero straniero ed approfittatore, ritroviamo a sorpresa il grande iconico attore tedesco Udo Kier, laido come da essere ogni volta con sempre più divertita convinzione.

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