Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film
Aki Kaurismaki non riempirá mai le sale cinematografiche, neppure di un piccolo Cineclub di provincia come accaduto durante la mia visione di qualche giorno fa, ne' vincerá decine di premi come accade agli autori capaci di atmosfere più rarefatte e cupe, come i maestri orientali o mediorientali, ma il suo fare Cinema é Onesto, sensibile, coraggioso e soprattutto coerente.
Coerente per il suo essere sempre dalla parte degli emarginati e degli sconfitti, di coloro che nella corsa della vita partono con l'handicap di una zavorra fatta di pregiudizi e coscrizioni, rei di essere nati lá dove o si é bombardati dai nemici o si rischia di morire sotto le macerie di un attacco missilistico amico che doveva essere 'chirurgico'.
Semplice, sempre simile a se stesso, coloratissimo e vintage, come gli anacronistici modelli di telefono utilizzati nel film con i quali i protagonisti parlano in arabo, in finlandese o in inglese.
Coraggioso come il corpulento protagonista finnico che concede asilo, lui sì, al povero siriano invece dei biechi burocrati , le cui leggi scritte, non comprendono la 'pietas' cristiana a chi é oramai solo, vessato, umiliato e offeso.
Cinema 'resistente', unico e necessario a cui si perdonano piccoli difetti come magari un finale non proprio riuscitissimo.
All'uscita dalla sala vari spettatori, confrontandosi, non hanno potuto che riconoscere al regista quel piglio e quel cinismo che evita di voler compiacere il pubblico, come i veri autori.
Kaurismaki, nel propinarci una semplice storia di immigrazione, simile a molte altre, utilizza il solito stile freddo,senza acuti e sussulti ma con l'incedere monotono suo tipico.
A livello del penultimo 'Miracolo a LeHavre', questo 'L'altro volto della speranza' fa parte di una ideale trilogia sui porti: luogo di confine e di emarginazione-immigrazione.
Vitale e soprattutto, ripetendomi, necessario.
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