Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film
Khaled arriva con diverse peripezie dalla Syria in Finlandia ove chiede asilo politico ("mi hanno detto che voi siete buoni e comprendete cosa vuol dire essere profughi, perché in passato lo siete stati anche voi"), ma la sua domanda viene respinta.
Wikstrom è un uomo d'affari in una fase cruciale della sua vita: si separa dalla moglie e cambia attività, investendo i suoi risparmi in un ristorante, di cui deve accollarsi anche i tre singolari dipendenti.
Ognuno a suo modo cercherà di riprendersi in mano quella vita che sembra essere giunta a un punto morto...
Kaurismaki affronta un tema non originalissimo, ma di grande attualità. Ma dove in altre belle e struggenti pellicole (ne cito solo due: Welcome del 2009 e L'ospite inatteso del 2007) la narrazione asseconda la drammaticità degli eventi, qui il Regista finlandese riesce a mantenere vivo il suo stile che si intride insieme di malinconia e umorismo.
Gioca con la storia impostandola non su uno ma ben due protagonisti, usa uno stile di racconto apparentemente "naturalistico", ripropone i suoi ambienti domestici essenziali e la vita dei sobborghi come unici aspetti degni di interesse, propone dialoghi asciutti, mai ridondanti.
Eppure in questo modo ci diverte ed appassiona pur proponendo una disamina incisiva dell'incapacità dell'Europa di affrontare un fenomeno epico come quello degli attuali esodi migratori, salvo arrivare a sfruttare manodopera a basso costo da parte della società capitalistica; ci parla della burocrazia e delle sue inadempienze; ci parla delle difficoltà umane e delle discriminazioni inenarrabili vissute da giovani rei di avere solo la colpa di essere nati all'interno di coordinate sbagliate.
Ma non cessa mai di proporre un barlume di speranza.
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