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Class of Nuke'em High

Regia di Richard W. Haines, Lloyd Kaufman vedi scheda film

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Dying Theatre

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La recensione su Class of Nuke'em High

di Dying Theatre
8 stelle

Una delle pellicole meno divertenti, ma forse la più 'politica', del genio LLoyd Kaufman. Girato pochi anni dopo il reazionario 'Class of 1984' ed in pieno edonismo reaganiano, in un periodo in cui Hollywood moraleggiava sul teppismo scolastico, esaltava figure di presidi autoritari e 'più bulli dei bulli' o, per contro, proponeva vagheggiamenti neoromantici da fotoromanzo adolescenziale in cui, inevitabilmente, a metà del secondo tempo Molly Ringwald fuggiva in lacrime, "Class of Nuke'em High" ha l'enorme merito di sovvertire completamente i canoni, le premesse e l' 'architettura narrativa' dei teen-movies di quegli anni. Sotto la veste (peraltro godibilissima) di un horror splatter demenziale ed autoironico - da rimarcare lo straordinario lavoro fatto, con due lire, sul make-up - si celano in verità tematiche ben più 'alte': da un preciso atto d'accusa contro l'apologia dell'energia nucleare "sicura, pulita ed efficiente" (ricordiamo quanto il buon Reagan amasse 'flirtare' con l'Atomo..) ad una feroce, caustica (letteralmente..) satira nei confronti delle ingessate e miopi istituzioni scolastiche, del tutto incapaci di dialogo con le nuove generazioni ed assolutamente refrattarie alla comprensione dei fenomeni 'evolutivi' e 'degenerativi' (qui metaforicamente rappresentati dalla mutazione genetica) in atto attorno a loro. Si legge, in tutta l'opera di Kaufman, una forte disillusione nel prender coscienza d'una ormai difficilmente reversibile incomunicabilità intergenerazionale, oltre che un indubbio pessimismo (non certo celato dai tanti momenti di comicità dissacrante) circa le sorti d'una modernità compulsiva e plutocratica, materialista e cannibalica. In questo senso egli è autore più fine e più lucidamente 'politico' di tanti propagandisti di Sè vestiti a festa, di chi indugia su buste di plastica volanti pretendendo di far poesia, di chi parla di 'emergenze umanitarie' attraverso registri estetici DISUMANI e di chi si piazza una videocamera in faccia volendo dimostrare che mangiare otto cheesburger al giorno per un mese fa venir sete. No, Kaufman ci ha parlato dell'America contemporanea meglio di tantissimi altri, di contraddizioni feroci e di ridicole ottusità. Egli è da sempre riuscito, attraverso la messa in scena delle viscere, a stimolare il pensiero critico. Quasi tutti gli autori moderni compiono il processo inverso.

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