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Vacanze di Natale 91

Regia di Enrico Oldoini vedi scheda film

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La recensione su Vacanze di Natale 91

di LorCio
3 stelle

Perfetto cinepanettone che risponde a tutte le esigenze del prodotto con la sciattezza e il pressapochismo obbligatori per rendere onore all’imprescindibile santificazione delle feste. La pappardella è sempre la stessa, ma vent’anni dopo si nobilita incredibilmente a causa dell’infimo valore degli ultimi scadutissimi cinepanettoni di ultima generazione. Considerando il prototipo (il Vacanze d’inverno di Camillo Mastrocinque) stiamo, per garbo e contesto storico, anni luce lontani, ma siamo anche lontani dagli ultimi Natali in giro per il mondo: una specie di via di mezzo tra l’artigianato di quel cinema impossibile da replicate e tra la mediocrità contemporanea. Gli episodi sono praticamente sconnessi l’uno dall’altro, nonostante la corale ambientazione di Sankt Moritz, e in un totale clima di menefreghismo della situazione italiana (siamo agli ultimi fuochi craxiani e alle porte di Mani Pulite: il 1991 è un anno di passaggio molto decisivo) e con i consueti occhiolini alla commedia americana e alla tradizione nostrana. Boldi e De Sica erano soltanto due membri del coro (la coppia diventerà dominante con Vacanze di Natale ’95) in quota Milano e Roma; Bologna è appannaggio di Andrea Roncato, in coppia gay con il siciliano Nino Frassica (in uscita da Indietro tutta); ancora Milano con Ezio Greggio in versione fantasy-sessuale (affiancato da una moglie toscana).

 

Gruppo a parte lo fa il segmento occupato dal cameriere imbranato di Alberto Sordi, chiamato per nobilitare l’operazione e in un momento non proprio esaltante della sua scintillante carriera, che si scrive da sé il copione (assieme al fidatissimo Rodolfo Sonego), si fa affiancare da Ornella Muti (che alla prese con una parte poco impegnativa e di routine è anche brava) e dal grande Claudio Gora (nei panni di un eminente politico amico di Sordi, e il cinefilo non può non pensare all’indimenticabile duetto Sordi-Gora del più bel film di Dino Risi, Una vita difficile), si tiene a briglia corta senza esagerare e regala al film un motivo per essere visto. O almeno una scena: i burini De Sica e Nadia Rinaldi, al tavolo con Boldi e moglie scambista, leggono il menù di prelibatezze svizzere impronunciabili con tono altisonante sovrapponendosi le voci; il cameriere Sordi, nauseato e sconfortato, li interrompe e propone la trippa, facendo brillare i loro occhi. Ecco, in un film irrimediabilmente mediocre, il titolare della tradizione (Sordi) impartisce una condivisibile lezione ai bolsi imitatori (i cinepanettonari) e siamo tutti contenti.

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