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Orizzonti di gloria

Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film

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La recensione su Orizzonti di gloria

di Decks
10 stelle

Recensire adeguatamente il cinema di Kubrick meriterebbe un trattato ben più esteso di una scarna recensione, ma a quel punto ci vorrebbero pagine intere anche solo per scandagliare minuziosamente poche scene di un unico film.

Questo quarto lungometraggio necessiterebbe un approfondimento unico, tanti sono i suoi temi, la sua maestria in campo registico e tecnico e tanto altro. Il tentativo di riassumere i principali concetti, potrebbe non essere all'altezza di quanto la pellicola in realtà sia piacevole, sia per gli occhi che per il cuore; se ancora non lo avete visto dunque, tralasciate questa misera opinione e accontentatevi di questa frase che dovrebbe farvi correre a visionarlo.

Un capolavoro del cinema antimilitarista.

 

 

Iniziamo col dire che quest'opera non è solo un'ennesima dimostrazione del talento di uno dei cineasti più importanti della storia del cinema, è anche ciò che lanciò definitivamente Kubrick verso la fama, visto che fino ad ora era apprezzato e conosciuto solo da una minima parte della critica: di questo dobbiamo ringraziare Kirk Douglas, che oltre ad impegnarsi nel distribuire il film negli States, riuscì a convincere i produttori a non far abbandonare il finale che tutti noi conosciamo a favore di qualcosa di più lieto; ed è proprio quest'ultimo una delle forze del lungometraggio, criticando severamente e impietosamente il mondo militare, in modo così aperto da indurre a censurare l'opera in Francia fino al 1975.

 

La critica di Kubrick è diretta e decisa: il suo scopo è quello di colpire l'ideologia della guerra, non tanto l'uomo, che risulta vigliacco, qualunquista e talvolta crudele, ma è la guerra il vero mostro, intesa come un'ideologia fatta da ordini ineseguibili e un sistema (non solo giudiziario) ingiusto e scorretto. Tutti sono vittime di questo barbaro e feroce gioco, che si conclude con la consapevolezza che i nemici non sono quelli oltre la trincea, ma lo è questo rivoltante impegno, che divora anima e corpo di innocenti, catapultati in una realtà assurda. Nazionalità, lingua, avversari... Niente di tutto ciò è il vero antagonista dei terrorizzati soldati francesi, l'unico agghiacciante nemico è la conquista di quell'orizzonte "glorioso" a favore di tronfi governatori e sciocchi diverberi nazionali, l'immorale belligeranza, come ben sottolinea l'ultima meravigliosa scena.

 

Nonostante gli anni, esso è anche una delle poche opere che pone il concetto di classe e gerarchia all'interno di un film di questo genere, ma Kubrick non si limita a porre due diversi gruppi sociali in contrasto: egli ne analizza ogni parte, dando le sue ragioni, di essere e di esistere, ad una come all'altra.

Da una parte c'è quella degli umili soldati, il cui desiderio è tornare a casa sani e salvi, ma costretti a muoversi come pedine in mano a generali ambiziosi, posti su un enorme scacchiera e sacrificati pur di concludere una partita con la vittoria; nulla importa se non la carriera. Il colonnello Dax cerca di proteggere questi semplici soldati, veri eroi del film, non iconografici, ma ragazzi reali che si disperano e piangono di fronte alla morte imminente di un fucile nemico o amico, incapaci di comprendere la brutalità del conflitto.

Nelle zone più elevate della società troviamo lo spietato generale Mireau, attaccato a dogmi militari ristretti e sorpassati, dove il suo concetto di disciplina rasenta l'impossibile; ma vi è anche il generale Broulard, che Kubrick non disdegna di mostrare menefreghista, cinico e senza scrupoli, ma anche come il personaggio più adeguato al contesto bellico: poichè in tempi come quelli, patriottismo o etica morale sono sentimenti non solo da sotterrare ma da dimenticare: tutto ciò che conta è la facciata, che deve specchiarsi con l'opinione pubblica, mentre per il resto è un semplice risiko ove gli ultimi uomini d'onore non vengono visti come paladini, ma come disabili. "Lei è un idealista e la compiango come un minorato".

 

Non bastassero i temi, perfetti e ancora attuali, Kubrick vi aggiunge la sua maniacalità per la ricercatezza linguistica: un vero piacere udire gli scontri verbali, eruditi nel caso di ufficiali e umili per i bassi soldati (in particolare in cella); sceneggiature che culminano sulle memorabili lunghe sequenze al dolly fra le trincee, tutto possibile grazie ad attori che diretti dal mostro sacro Kubrick sono tutti calati perfettamente nella parte: a partire da Kirk Douglas a George Macready, per finire su Ralph Meeker e Adolphe Menjou. Minuziosa, è anche la ricostruzione del campo di battaglia, sporco e puzzolente non solo di cadaveri in decomposizione ma di paura, riuscendo a rivelare il clima che vigeva in quegli angusti cunicoli.

Se poi andiamo a vedere la messa in scena, il montaggio o il sonoro non è possibile denigrare il lavoro svolto dal regista: ogni inquadratura, o carrellata che sia, è magistrale e scrupolosa, persino epica durante il fallito assalto al formicaio, oltre a rendere realistica l'atmosfera che si respira in questo film, gli conferisce un tocco di classe particolarmente apprezzato dai cinefili. Superba è la carrellata all'indietro che segue il generale Mireau nella trincea.

Il montaggio, oltre che essere ricercato, serve a sottolineare l'allucinante nonsenso dei rituali militari: ogni taglio e stacco serve solo a rendere assurda un'azione già di per sè inconcepibile (come durante la scena del consiglio o della fucilazione) mantenendo una tensione e un ritmo indescrivibili.

Il sonoro se la cava egregiamente sia durante bombardamenti ed esplosioni e ancor più nelle musiche, le quali hanno un senso drammatico e nostalgico; tanto che basterebbe citare la significativa canzone finale "Der Treuer Husar" (L'Ussaro Fedele) per far comprendere la profondità delle soundtracks.

 

Un film di una potenza indescrivibile, composto da una tecnica unica e perfetta, meraviglioso e unico, un capolavoro del genere bellico, a cui noi resta fare come Winston Churcill, guardarlo e innamorarsene, ringraziando l'autore per questo prodotto d'arte.

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