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Il cacciatore di indiani

Regia di André De Toth vedi scheda film

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La recensione su Il cacciatore di indiani

di munnyedwards
5 stelle

 

Johnny Hawks (Kirk Douglas) ha la faccia e i modi della simpatica canaglia, si porta dietro la nomea di leggendario cacciatore di indiani ma il compito che gli è stato affidato richiede ben altre qualità, come scout dell’esercito è stato infatti incaricato di guidare una carovana di coloni fino in Oregon, attraversando il territorio indiano dei Sioux di Nuvola Rossa (Edward Franz).

Hawks è uno spirito libero, conosce molto bene gli indiani e conosce ancora meglio i bianchi, che da tempo trafficano dalle parti del villaggio scambiando alcol con oro, Nuvola Rossa teme che la sua terra sia invasa dai cercatori del ferro giallo e per questo punisce con la morte chi tratta con i bianchi e gli stessi visi pallidi, ma la cosa non sembra scoraggiare due balordi come Wes Todd (Walter Matthau) e Chivington (Lon Chaney jr.) che tentano in ogni modo di scoprire l’esatta ubicazione del giacimento aurifero.

Hawks si accorda con Nuvola Rossa e trova anche il tempo per corteggiare sua figlia, la giovane e bellissima Onahti (Elsa Martinelli), la carovana parte con tutti i buoni auspici ma appena entrata in territorio indiano l’ennesimo “incidente” creato da Todd e Chivington farà saltare il banco scatenando una guerra.

 

 

Nonostante l’enfatico titolo (The indian fighter) Andrè De Toth firma un western che si pone con convinzione dalla parte dei nativi americani, preceduto da due opere seminali come L’amante indiana (Delmer Daves) e Il passo del diavolo (Anthony Mann) il film interpretato e prodotto da Kirk Douglas si lancia deciso nel solco della tematica filo indiana senza per questo rinunciare ad una rappresentazione classica e mitologica della frontiera.

Ed è proprio questa scelta di puntare su una descrizione naturalistica, valorizzata dallo spazio “allargato” del Cinemascope, a fare de Il cacciatore di indiani un film dalla doppia anima, un opera che convince per la buona messa in scena e per alcune soluzioni registiche (vedi la sequenza che ci mostra l’accampamento dei coloni al tramonto) ma allo stesso tempo delude per lo sviluppo di una storia troppo prevedibile e scontata.

Il soggetto è firmato da Robert Richard e la sceneggiatura da Frank Davis e Ben Hecht, ma il plot fin dal principio lascia il passo ad un Kirk Douglas assoluto dominatore, tutto ruota intorno alla figura di questo scout un po’ selvaggio e avventato nelle questioni sentimentali (di fatto è proprio la sua fuga amorosa a causare il violento scontro tra indiani e bianchi), un eroe decisamente atipico se consideriamo anche la rudezza (al limite della molestia) con la quale approccia la giovane Onahti.

E questo ci porta all’esordio in terra americana della nostra Elsa Martinelli, spetta proprio a lei aprire il film con un incipit voyeuristico dove, osservata da quel marpione di Hawks e coperta a malapena dalla vegetazione, scende nuda verso il fiume.

La Martinelli è bellissima e poco importa se tanta elegante avvenenza mal si concili con la rappresentazione di una giovane Sioux, del resto al tempo si usava così e di certo non recitavano nativi se non come comparse o in piccoli ruoli, il suo è un personaggio minore ma allo stesso tempo fondamentale per meglio inquadrare la storia e il messaggio che vuole veicolare, in questo senso è molto significativo il finale, che tuttavia ho trovato troppo sbrigativo e semplicistico.

 

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Il cacciatore di indiani è un western nel complesso piacevole e ben diretto, ma lo studio dei personaggi è basilare e lo scavo psicologico del tutto assente, tutte le carte De Toth se le gioca con una messa in scena che punta sull’azione e il puro intrattenimento, restando nella tematica di riferimento va detto che non raggiunge la profondità di alcuni film che l’hanno preceduto né di altri che verranno dopo.

Molto bella la scena del viaggio della carovana, incorniciata da una natura incontaminata e selvaggia, divertenti e ben scritti i duetti con l’agguerrita colona Susan, interpretata con piglio deciso da Diana Douglas, ex moglie di Kirk, i due cattivi hanno le facce di un artisticamente giovane Walter Matthau e del mitico uomo lupo Lon Chaney jr. ma alla fine anche i loro personaggi risultano abbastanza stereotipati e poco incisivi, buona per intensità tutta la lunga sequenza dell’assedio al forte.

Non è un western imperdibile, gli amanti del genere (come me) ci troveranno sicuramente degli aspetti positivi ma in senso assoluto è un film che non lascia un segno importante, Kirk Douglas convince come attore, un po’ meno come produttore, la Martinelli ha il fascino irresistibile di una bellezza aristocratica sotto copertura, da segnalare infine la presenza dell’ottimo caratterista Elisha Cook Jr.

Voto: 6

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