Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Rivedere un film è sempre una cosa da fare, almeno in determinati casi, e magari si cambia parere o questo lo si acuisce ancora di più e nel caso de Lamerica l’idea è entrata più nel cuore della storia, che nella prima visione era rimasta in fase aerea. Un soggetto, scritto, sceneggiato e diretto dallo stresso Amelio, che ha più mezzi per poterlo portare vanti, dopo il successo europeo, grazie alla vittoria a Cannes, di Ladro di Bambini. Gli interpreti sono stati scelti con cura e Lo Verso viene confermato in un ruolo, giustamente, ben diverso, tanto da confermalo come attore di spessore e non più come speranza, Placido ha una partecipazione ben dosata e significativa, e l’interprete Carmelo Di Mazzarelli, scelto per la strada dal regista, prese il posto di Gian Maria Volontè, che non poté affrontare la lavorazione per motivi di salute. Un argomento spinoso girato direttamente in Albania, spinoso per quanto riguarda certi comportamenti dell’italiano speculatore in certe condizioni politiche e sociali, più l’occhio stesso del regista, che con una scuola ben assorbita del nostro neorealismo, ma assoggettata al suo pensiero, nonché talento, riesce a farci entrare dalla porta principale nel cuore dei problemi dell’immigrazione albanese, riuscendo a contestualizzarla nella maniera migliore, senza bisogno di sottolineature o sbavature melodrammatiche di sorta. Proprio l’asciuttezza del tono ci aiuta a farci un’idea di quello che questo paese ha subito negli anni, ed i titoli di testa ce ne danno un’idea in pochi minuti, vedendo immagini della nostra occupazione opportunistica al tempo della II Guerra Mondiale. La corona iniziale della nostra invasione di questo paese, fa parte dei problemi che l’Albania ha avuto, passato poi in mano delle della tirannia comunista, che lo ha ridotto ad un bozzolo isolato, anche dal sistema sovietico, essendo passato in diretta collaborazione con quello cinese, almeno nella seconda parte. Il viaggio che Luigi, Lo Verso, fa attraversando il paese, ci fa entrare nel cuore dei problemi e della situazione malata, governata senza discontinuità ancora da persone che non si sono mai discostate culturalmente dal passato, anzi peggiorando nel senso della corruzione, che diventa l’unico mezzo per poter sopravvivere e di cui si approfittano gli aguzzini delle nazioni straniere. Una popolazione lasciata a sé stessa, che vive a dir poco di espedienti e violenza, ma che rimane lo stesso allo sbando non risolvendo neanche in minima parte il soddisfacimento dei bisogni primari. Un vero girone dell’inferno che passiamo in visione e che ci fa entrare nei posti più reconditi, come appunto la prigione dimenticata dove si troverà l’italiano dimenticato da cinquanta anni, e che si camuffa da abanese, non rendendosi neanche conto di dove si trova. Questo personaggio consente l’allacciamento al periodo della nostra invasione ed al proseguo nella dittatura; un personaggio bellissimo che come un riccio si apre lentamente e la cui umanità riesce a sciogliere anche il cuore del giovane venuto li solo per speculare, sia su di lui che sulla situazione. Colpisce il fatto di quando Luigi viene arrestato, tolto il passaporto e gettato fra i tanti albanesi, tanto da avere l’unica chance di ritorno solo con il mezzo dei barconi del destino, con cui la povera gente affronta il viaggio della speranza. Queste immagini entrano nell’immaginario del film e ne determinano la validità espressiva ed emozionale: un italiano, forte della sua identità, scaraventato in mezzo ai problemi di una collettività allo sbando, senza avere le protezioni di cui è andato sempre fiero e sicuro, un vero esempio per l’Italia di oggi ed in special modo rivolto ad una certa classe politica che si impegna a sfare e precostruire in maniera inadeguata certi rapporti. Il personaggio del vecchio Michele colpisce per la sua simbolicità, messa al servizio in maniera giusta nella storia, ed il fatto della sua insistenza nell’ aver dimenticato il tempo trascorso, e cioè gli ultimi cinquanta anni, come per riprendere un discorso interrotto in un batter d’ali, ci rende sensibili ad una riflessione ed a una commozione diversa ed unica.
una storia che riesce a prenderci in fondo all'animo
non esente da qualche difetto, ma ha saputo affrontare l'argomento davvero al meglio
conferma un talento di interprete, e qui in fasi diverse
partecipazione stigmatizzata
preso dalla strada, dà la commozione e la partecipazione giusta
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