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Non torno a casa stasera

Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film

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La recensione su Non torno a casa stasera

di chinaski
7 stelle

Coppola trasforma il tema del viaggio in un percorso psicoanalitico, in un’indagine psicologica dei propri personaggi e più in generale dell’America del tempo, dei suoi problemi, dei drammi e dei traumi che si annidano nel cuore delle persone che la popolano. Fin dai titoli di testa possiamo notare un’attenzione del regista per i particolari, ci si sofferma sulle piccole cose che costituiscono la routine giornaliera della protagonista (il dormire con il marito, la doccia, il preparare la colazione), tutti piccoli tasselli che però possono trasformare la gioia del quotidiano nella gabbia dell’ordinario e del ripetitivo. Una gabbia che scopriamo essersi formata proprio intorno a Natalie (Shirley Knight), una gabbia che la donna vuole rompere decidendo di andarsene di casa. I titoli di apertura mostrano anche l’attenzione di Coppola per delle inquadrature ricercate in cui sono i cambi di focale a costruire lo spazio visivo. Piccoli accorgimenti che mostrano sin da subito il desiderio del regista di un cinema personale e artistico, che si allontani da quanto fatto fino adesso. Perché il tema del viaggio si sviluppa proprio lungo due direttrici. Una psicoanalitica che riguarda i personaggi e una esistenziale che riguarda lo stesso regista che infatti confessa – “Ero così furioso di essere stato obbligato a lavorare negli Studios per questo film (Sulle ali dell’arcobaleno, NdR) e per quella atmosfera alla Warner, che tutto quello che mi premeva era di girare un film in esterni, con qualche amico, in giro per il Paese. Ho cominciato a girare ancora prima di finire la sceneggiatura.” Coppola quindi sente che in questo particolare momento della sua vita deve mettersi in viaggio, per allontanarsi da quelle gabbie che anche lui vede stringersi intorno alla propria esistenza. Seguire le vicende di Natalie significa quindi rompere prima di tutto con gli Studios e dimostrare che altri modi di produzione e realizzazione filmica sono possibili.

 

James Caan, Shirley Knight

Non torno a casa stasera (1969): James Caan, Shirley Knight

     

Ma torniamo alla storia che Coppola vuole raccontarci. Natalie decide di mettersi in viaggio per allontanarsi dal marito ma soprattutto per fuggire da tutta quella serie di ruoli in cui la società vorrebbe rinchiuderla: moglie, madre, persona razionale e civile. Scopriamo infatti dalla prima telefonata che Natalie fa al marito, che lei è incinta. Ripreso il viaggio Natalie carica sulla sua macchina un ragazzo, Killer (James Caan in uno dei suoi primi ruoli importanti) che si rivela essere un ritardato mentale (a causa di un incidente in una partita di football). Natalie si ritrova suo malgrado ad occuparsi di Killer. La vediamo sempre in bilico tra le sue esigenze personali (quelle che l’hanno spinta ad andarsene da casa) e una sorta di senso di protezione nei confronti del ragazzo. Quello che fa infuriare Natalie è proprio questo senso di protezione e maternità che prova nei confronti del ragazzo, cioè proprio tutto quello da cui stava fuggendo. Coppola, nel frattempo, ci ha anche mostrato come alla base delle problematiche dei due personaggi ci siano stati dei traumi scatenanti. Attraverso dei flashback (ri)vediamo quegli eventi che hanno segnato la vita di entrambi. Per Natalie è stato il matrimonio, che dopo alcuni momenti felici (la cerimonia nuziale, il sesso con il marito) si è poi dimostrato qualcosa di restrittivo per la sua personalità. Per Killer il momento traumatico è stato quello dell’incidente  in una partita di football e del conseguente cambiamento mentale che ha subito. Coppola inserisce questi momenti della memoria nel flusso della narrazione in maniera improvvisa. Montati in maniera sincopata i flashback rompono il ritmo delle immagini e della storia e ci danno quelle informazioni che ci servono per meglio comprendere il comportamento dei personaggi; oltre a trasformarsi in veri e propri strumenti stilistici e narrativi.

Per quanto si allontanino dai propri problemi, i personaggi sembrano in realtà continuare a portarseli appresso dovunque vadano. Il viaggio quindi non riesce ad assumere nessun valore di scoperta o (auto)analisi ma sembra più che altro una semplice via di fuga rispetto alle proprie confusioni. Non si cerca la chiarezza o una soluzione, si cerca di perdersi, di spingersi il più lontano possibile.

 

Shirley Knight, James Caan

Non torno a casa stasera (1969): Shirley Knight, James Caan

 

Interessante è notare come l’unica forma di comunicazione tra Natalie e il marito Vinnie sia il telefono. Uno strumento meccanico che nega la visibilità dell’altro diventa il mezzo attraverso il quale scopriamo le motivazioni della fuga di Natalie (la gravidanza inaspettata, il desiderio di riprendersi il proprio tempo e i propri spazi) ma è anche il mezzo che nega qualsiasi possibile concreta riconciliazione fra i due, proprio perché mantiene una distanza fisica fra loro e soprattutto non consente quel dialogo dei corpi, fatto di tutto quanto è extraverbale, che dovrebbe essere essenziale in un vero rapporto tra due persone. I dialoghi tra Natalie e Killer, invece, scivolano sempre di più in una forma di comunicazione minima, basilare, come quella dei bambini. Non è un caso che il primo vero discorso dei due avvenga attraverso un gioco infantile. Anche le parole, quindi, sembrano non portare da nessuna parte e verso nessuna soluzione, allo stesso modo del loro viaggio.

Ci troviamo in una sorta di acquario, dove tutto è sospeso e galleggia, dove non ci sono grandi cambiamenti e dove le situazioni sembrano ripetersi incessantemente e senza un senso.

Una volta che Natalie sembra essersi decisa a lasciare definitivamente Killer al suo destino è proprio quest’ultimo a giocarle un brutto scherzo. Natalie viene fermata da un poliziotto, Gordon (interpretato da Robert Duvall) che le fa una multa. Per pagarla Natalie deve ritornare in quello stesso posto che aveva appena lasciato, quel posto in cui aveva trovato un lavoro a Killer. Le strade dei due quindi si ricollegano un’altra volta, il viaggio diventa circolare, come la memoria, si ripetono le stesse cose, anche la fuga diventa impossibile. Natalie sembra accorgersene e infatti si lascia addirittura convincere dal poliziotto ad una serata a due.

 

Robert Duvall, Shirley Knight

Non torno a casa stasera (1969): Robert Duvall, Shirley Knight

 

Li ritroviamo nella roulotte di Gordon e qui di nuovo il flashback entra in azione a spiegarci il trauma vissuto dal poliziotto (la moglie e un figlio morti nell’incendio della loro casa). La psiche di Gordon si delinea anch’essa. L’uomo è costretto a vivere con la figlia (adolescente) in una roulotte. Dimostra una certa debolezza psicologica nei confronti di Natalie, la minaccia perché lei si rifiuta di fare sesso e la sua maschera di cinismo e istituzionalità (è un poliziotto, dopotutto) cade miseramente.

Tutti e tre i personaggi svelano quindi la loro natura. Sono tutti e tre dei perdenti, sono tre anime sconfitte che si muovono in un’America umida e distante, piena di cinismo e indifferenza. Il viaggio qui non ha niente di epico o poetico. E’ semplice osservazione delle nostre miserie, di quanto quello che siamo ce lo porteremo sempre appresso ovunque andremo e chiunque incontreremo. Cupa riflessione, quindi, su un periodo in cui l’America cercava di riscoprire se stessa, non sempre riuscendoci come dimostra questo film. 

La storia poi si conclude in maniera forse troppo semplicistica e banale. Killer, che si trovava nei pressi della roulotte di Gordon, sentendo le grida di Natalie, interviene per aiutarla. Ne nasce uno scontro tra lui e Gordon. I due, picchiandosi finiscono fuori dalla roulotte. La figlia di Gordon, prende la pistola del padre e fa fuoco. Killer muore tra le braccia e le promesse di Natalie. Solo con la morte arrivano a Natalie quelle possibili risposte che avrebbe dovuto darsi già da molto tempo, invece di evitarle fuggendo in continuazione. Il viaggio, iniziato come tentativo di ricerca personale finisce nel nulla, in un luogo anonimo dove niente si è risolto se non il compimento di una inutile tragedia. Natalie ormai in preda alla disperazione parla a Killer come a quel figlio che aveva deciso di non voler tenere. La sua maternità si fa di nuovo strada dentro di lei, avrà questa volta però la forza sufficiente per affrontarla e insieme ad essa quella di prendersi le proprie responsabilità e di trovare il suo giusto posto nel mondo? Coppola non ci risponde, lasciandoci però presagire quel senso di malessere esistenziale che iniziava già ad aleggiare intorno a quelli della sua generazione. 

 

 

Questo articolo è tratto dalla tesi di laurea del Dottor Chinaski (2006) dal titolo:

"LA RINASCITA DI HOLLYWOOD: LA FIGURA DEL REGISTA TRA MERCATO E ARTE"

 

 

https://operationjulie.blogspot.com

 

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