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La caccia

Regia di Arthur Penn vedi scheda film

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La recensione su La caccia

di Baliverna
8 stelle

Arthur Penn è uno dei grandi registi americani degli anni '60-70. Le sue opere grondano stile e sapienza registica. Questo non è il suo film migliore, ma certamente è però un bel film.
Poche volte è stato fatto un ritratto così cattivo e spietato della società di provincia del sud degli Stati Uniti. Un'accozzaglia di individui benestanti ma senza uno scopo nella vita passano le serate ubriacandosi e facendo gli scemi, o i maldicenti e gli invidiosi. Sono anche forcaioli e razzisti, violenti e insensibili alla sofferenza umana. Eventi drammatici e luttuosi sono per loro solo degli espedienti per vincere la noia che li affligge. Non tutti sono così, ma la media è questa.
Tra le eccezioni figurano il disilluso e triste sceriffo interpretato da Marlon Brando, la moglie, il negro, e qualche altro che sta un po' di qua e un po' di là. Il magnate del petrolio, pur essendo esponente di spicco di questa società marcia, finisce se non per essere positivo, almeno per non essere proprio come gli altri. E' un personaggio che quasi fa compassione per il fallimento del rapporto col figlio.
Come sempre nei film di Penn, compare infatti il tema del rapporto tra genitori e figli, dell'educazione, e del ribellismo giovanile di quegli anni. Da una parte vediamo l'evaso (Redford), uomo ribelle, disadattato, senza pace. Della sua condizione è almeno in parte responsabile la madre, donna isterica e iperprotettiva. Dall'altra c'è il figlio del petroliere, da lui molto amato (forse troppo, come ammette egli stesso). Ha sempre stravisto per il ragazzo, ha nutrito grandi sogni su di lui, ma non ha saputo capirlo, e capire che non è una fotocopia di sé. Quindi quest'ultimo è venuto su inetto e fragile, incapace di decisioni, e affetto da una specie di ribellismo impotente e frustrato.
Ogni personaggio è definito bene, a volte con tratti minimi. Una parte di essi sono definiti come collettivo, ma sono altrettanto efficaci: si pensi i manigoldi razzisti che pestano lo sceriffo perché non li lascia... pestare il negro.
E' un film molto amaro, coinvolgente, ma che richiede un po' di attenzione. Non è una vicenduola di caccia all'uomo girata un po' come capita. Lo stile è rigoroso e tranquillo; non conta tanto l'azione, quanto i personaggi e il ritratto di un mondo gaudente e disperato.

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