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Il tempo dei gitani

Regia di Emir Kusturica vedi scheda film

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La recensione su Il tempo dei gitani

di scandoniano
8 stelle

“Il tempo dei Gitani”, ovvero Kusturica nel suo film più rappresentativo. Il giovane orfano Perhan da indifeso ragazzino che si prende cura della sorella, in un lampo diviene trafficante di bambini e gioielli nella grande Italia. Parabola di un personaggio tipico del cinema di Emir Kusturica: nomade, solitario seppur in gruppo, matto ma cosciente, legato alla famiglia, un po’ meno ai rapporti sociali, timido ma forte, coraggioso nella sua ingenuità.
“Il tempo dei Gitani” è una dissertazione sui temi del nomadismo, con i suoi pro ed i suoi contro; come al solito nei film kusturiciani amore, morte, sesso e violenza sono la stessa faccia della stessa moneta (naturalmente d’oro). Le scene apparentemente più secondarie si rivelano, in ogni caso, portatrici di un senso profondo, viscerale della morale e dell’humus zingaresco. Una particolare valenza è assunta dalla figura della nonna di Perhan, che è l’appiglio peculiare a cui il tradizionalismo, per molti versi non condivisibile, del mondo nomade si affida per lasciare inalterata la propria tradizione.
Elemento fondamentale del film, come sempre più accadrà in seguito nella cinematografia del regista jugoslavo, è certamente il connubio artistico con Goran Bregovic, che firma la colonna sonora e sottolinea, in particolare con “Ederlezi”, quanto l’onirismo e la realtà siano a volte speculari, a volte complementari. Da questo film nasce proprio il mito bregoviciano, che canta l’amore (e dunque i matrimoni), ma anche la morte, con la stessa passione profonda tipica del mondo slavo.

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