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Il braccio violento della legge 2

Regia di John Frankenheimer vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il braccio violento della legge 2

di axe
7 stelle

L'investigatore di New York "Popeye" Doyle, sulle tracce del narcotrafficante Charnier, sfuggitogli in patria, si reca a Marsiglia. Qui prende contatto con Henri Barthelemy, ufficiale della polizia francese, il quale si mostra poco entusiasta e per niente ospitale verso il collega americano, la cui fama di violento ed istintivo lo precede. In realtà, Doyle è a Marsiglia per fare da esca ai trafficanti, i quali lo rapiscono e lo drogano, rendendolo dipendente dall'eroina, pur di cavarne informazioni. Raggiunto lo scopo, gli sgherri di Charnier si liberano di Doyle lasciandolo in overdose nei pressi del commissariato di polizia. Barthelemy riesce a salvargli la vita e s'impegna per disintossicarlo; libero dalla dipendenza, Doyle è ancora più determinato a mettere le mani sul trafficante. Gli fa, letteralmente, terra bruciata intorno. Charnier si prepara alla fuga, ma Doyle non è intenzionato a farsi beffare ancora. La direzione di questo film, seguito di un poliziesco non meno duro ed intenso, è toccata a John Frankenheimer, il quale riporta in scena il personaggio di "Papa" Doyle, personaggio tratteggiato come border-line già nel prequel. Doyle, poco accomodante di suo e contrariato per l'accoglienza ricevuta in Francia, divide il suo tempo tra indagini smozzicate, ed i momenti di svago, il tutto complicato da barriere linguistiche. Il personaggio, interpretato da Gene Hackman, non riscuote una particolare simpatia. Sboccato, violento, prepotente, stupidamente godereccio; tuttavia, la violenza che subisce, mostrata senza veli ed in ogni minimo dettaglio, ci aiuta ad accettare tutto quanto fa dopo la sua liberazione. Reso contro la propria volontà schiavo dell'eroina, è costretto ad un breve ma cruento periodo di disintossicazione. Questa lunga parentesi ad un primo impatto sembra poco attinente al film; la narrazione si concentra sulla vicenda umana di Doyle, lasciando da parte l'avanzare delle indagini. La successiva reazione dell'uomo, rabbiosa e sproporzionata, assolutamente non idonea per un membro di forze di polizia, riceve, se non l'approvazione, quanto meno la tolleranza del collega francese, il quale, pur sapendo dell'inganno perpetrato ai danni di Doyle - evidentemente ritenuto un elemento sacrificabile da invisibili superiori - non lo ha messo in guardia ed è pertanto in parte responsabile per la sua intossicazione. Tuttavia, è proprio Barthelemy ad fare massimo possibile per salvare la vita di Doyle dopo averlo ritrovato in stato comatoso. Ne nasconde le condizioni di salute ai responsabili delle varie forze di polizia; ne cura in prima persona la disintossicazione. Ristabilito un rapporto di collaborazione, certamente più sincero, il poliziotto francese offre supporto e copertura al collega americano, il quale, dopo guidato lo smantellamento dell'organizzazione di Charnier, chiude il conto con il criminale ponendosi sul suo stesso livello. Individualismo ed istintività statunitense, insieme alla riflessività ed all'organizzazione francese, basata sul lavoro gomito a gomito di più soggetti, portano alla sconfitta del male, nonostante profonde complicità tra personaggi altolocati ed insospettabili. Il ritmo del racconto è irregolare;  di fatto il film è diviso in tre parti, ognuno con un suo tono. Ad una prima, che mostra le intemperanze di Doyle in un luogo che gli è estraneo, segue una seconda, molto drammatica, la quale ne mostra l'impatto con la droga; infine, ve ne è una terza, molto intensa e piena d'azione, che racconta delle mosse di Doyle per colpire l'organizzazione di Charnier, con metodi di certo non consoni ad una forza pubblica. Oltre al buon Gene Hackman, rileviamo la presenza nel cast di Bernard Fresson, Barthelemy, e del prolifico Fernado Rey, Charnier, il quale nasconde dietro le buone maniere ed il "saper vivere" un'animo avido e spietato. "Il Braccio Violento Della Legge n.2" è un degno seguito di un poliziesco pietra miliare del genere. La guerra contro la malavita, sul suolo francese come su quello statunitense, si combatte lasciando da parte leggi e correttezza morale; è necessario, mettendo in conto gravi danni collaterali; solo lottando ad "armi pari", con le medesime violenza, spietatezza e determinazione proprie dei criminali, è possibile avvicinarsi ad una parvenza di vittoria.

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