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The First

1 stagioni - 8 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

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Eric Draven

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La recensione su The First

di Eric Draven
5 stelle

Natascha McElhone

The First (2018): Natascha McElhone

Sean Penn

The First (2018): Sean Penn

Anna Jacoby-Heron, Melissa George

The First (2018): Anna Jacoby-Heron, Melissa George

 

Recensiamo una delle serie televisive evento dell’anno, approdata in esclusiva il 18 Dicembre su TIMvision e distribuita internazionalmente da Hulu, ovvero The First, col due volte premio Oscar Sean Penn, qui alla sua prima, vera prova per la tv e anche alla sua prima performance recitativa dopo qualche anno sabbatico, i suoi mille flirt e le sue discutibili incursioni con El Chapo.

 

The First è un drama-science fiction che consta di 8 episodi di circa quarantacinque minuti l’uno, creata dalla fervida mente di Beau Willimon, lo sceneggiatore di House of Cards, Le idi di Marzo e dell’imminente Maria regina di Scozia.

I primi due episodi di The First si avvalgono della regia dell’acclamata Agnieszka Holland (Poeti dall’inferno) che qui, dopo tante sue regie impegnate a tematica neorealistica, si cimenta con un genere a lei tutto nuovo, la fantascienza. Anche se dobbiamo essere fin dapprincipio molto chiari.

Le vicende di The First si svolgono, sì, nel futuro, esattamente nell’anno 2030 e seguiamo le intrepide, arrischiate manovre di un team di scienziati per approntare il primo viaggio su Marte, ma la storia è comunque umanisticamente assai agganciata alle realissime, veritiere, intime emozioni dei suoi protagonisti.

Sì, The First si concentra sui conflitti di coscienza dell’astronauta Tom Hagerty (Sean Penn) e, in particolar modo, sui suoi drammi personali. In primis, sulla sua vita privata decisamente complicata. Hagerty ha una figlia adolescente problematica e tossicodipendente (Anna Jacoby-Heron) e non si dà pace in merito al suicidio dell’ex bella moglie Diane (Melissa George).

E, dopo i primi due episodi, diretti proprio dalla Holland, nei quali noi spettatori siamo stati immersi nell’atmosfera avveniristica di un futuro alquanto prossimo, la trama prende una piega inaspettata e, anziché continuare a svilupparsi lungo un arco narrativo a base (il caso di dirlo) d’ingegneri spaziali ed esplorazioni del firmamento galattico, diciamo, si addentra nelle psico-tragedie individuali dei vari personaggi. Diventando una sorta di malickiana indagine nell’anima tormentata di un’umanità che forse sogna interstellari viaggi marziani per sopperire alle sue debolezze. Come se la chimera di un mondo migliore possa alleviare il mal di vivere metafisico su questo nostro Pianeta, ove siamo meteore vaganti nella perpetua afflizione delle nostre paure abissali e delle esistenziali incognite irrisolte.

Ed è forse questo radicale cambio di registro e d’impostazione diegetica ad aver in parte sciupato una storia che probabilmente doveva seguire maggiormente e più linearmente lo spunto intrigante di partenza e invece, in maniera predicatoria, è stata non poco appesantita con pedanti, superflui, a volte sofistici pistolotti palingenetici e moralmente filosofici. Avremmo preferito, sinceramente, una semplice storia su uomini addestrati per compiere il primo viaggio sul pianeta Rosso. Senza venir distratti da irrilevanti, stoppose parentesi intellettualoidi.

Nayasha McElhone, nei panni della temeraria e cinica coordinatrice della missione, Laz Ingram, è comunque perfetta e sempre affascinante.

E Sean Penn, rughe vistose e capelli tinti permettendo, fa come al solito il suo buon lavoro. Anche se, onestamente, sono davvero troppe le gratuite scene in cui si esibisce a petto nudo e mostra, parimenti a The Gunman, il suo taurino fisico dai bicipiti pompati. Tanto che ci viene il dubbio che sia stato lo stesso Sean, per puro esibizionismo, a richiedere insistentemente che molte di queste suddette, anzi, “sudate” scene, in cui corre semi-ignudo per strada, venissero girate esclusivamente affinché potesse sfoderare vanitosamente il suo corpo modellato e scultoreo. E, per lunga parte di questa spesso soporifera serie televisiva, l’attore premio Oscar di Mystic River e Milk si trascina con aria stanca e un viso sciupatissimo, ai limiti della paresi facciale. Permetteteci questa battuta. Tanti (a)steroidi smaccatamente malati di protagonismo plateale. E The First, nonostante le molte intuizioni piacevoli e appassionanti, rimane freddamente sospeso nel suo cervellotico, visivo, asettico onanismo mai pienamente emozionale.

The First resta, a prescindere da ciò, una buona serie che si segue perfino con piacere ma era lecito chiedere di più.

Metaforicamente parlando, volevamo che, come un missile, questo prodotto, sconclusionato e confuso, volasse molto più alto.

 

 

di Stefano Falotico

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