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RomaFictionFest 2016 - Parte 2
di Andrea Fornasiero
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Andrea Fornasiero

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Oggi sono stati presentati in concorso la comedy prodotta da Louis C.K. e con protagonista Panela Adlon Better Things (ne abbiamo parlato qui), il mystery australiano con la bellissima Elizabeth Debicki The Kettering Incident (ne abbiamo parlato qui) e probabilmente la miglior miniserie inglese dell’anno National Treasure (approfonditamente recensita qui). La giornata ha ospitato un panel dedicato alla realizzazione di The Young Pope, ed è stata conclusa dalla presentazione del primo episodio della miniserie ABC Madoff con Richard Dreyfuss, che ha incontrato il pubblico in una Masterclass.

Madoff

Trasmessa a febbraio su ABC, la mini in 2 parti scritta da Ben Robbins e diretta da Raymond De Felitta andrà in onda in Italia il prossimo gennaio su Sky. Ha per protagonista Richard Dreyfuss nei panni di uno dei più geniali truffatori della storia recente americana, Bernie Madoff, una sorta di lupo di Wall Street che alimentando con continue promesse un milionario giro di capitali è riuscito a creare l’illusione di ricchezza per i suoi investitori e una ricchezza invece molto reale per sé: stimata in non meno di 50 miliardi. Scopre il suo raggiro un genio della matematica, Harry Markopolos interpretato da Frank Whaley: incaricato da una compagnia rivale di comprendere il successo di Madoff ne diventa ossessionato, al punto da insistere prima con la SEC (U.S. Securities and Exchange Commission) e poi con la stampa perché fosse aperta un’indagine. Emerge dunque ancora una volta la difficoltà di scrutare davvero nei meccanismi della finanza da parte degli organi preposti al controllo, già raccontata in Wolf of Wall Street e in La grande scommessa. Dreyfuss tiene banco come protagonista assoluto e voce narrante, che interviene a spiegare i passaggi più complessi della truffa (detta "Ponzi scheme", sebbene con alcune anomalie). Ne viene un prodotto godibile, anche se un po’ risaputo, privo del ritmo forsennato che Martin Scorsese e Adam McKay hanno imposto a una materia analoga.

The Young Pope: L’arte del fare

All’incontro, moderato con un tono piuttosto monocorde dal direttore Giuseppe Piccioni, hanno partecipato Luca Bigazzi (direttore della fotografia), Ludovica Ferrario (scenografa), Carlo Poggioli e Luca Canfora (costumisti) e Fabio Mollo (regista di The Young Pope - Behind the scenes). Queste le dichiarazioni più interessanti:
Poggioli: Per noi costumisti vestire centinaia di cardinali, tra l’altro aumentati di numero rispetto alla realtà, è stata una vera sfida. Gli abiti di Jude Law poi hanno richiesto un’approfondita ricerca, perché riprendono una tradizione quasi medievale, con un crescendo che solo alla fine si scioglie in una ritrovata semplicità. La preparazione è cominciata a gennaio e abbiamo iniziato a girare a luglio.
Bigazzi: Mi sento un sopravvissuto, come i naufraghi che vengono salvati. 24 settimane di seguito, per produrre 12 ore di montato, poi ridotte a 10 (ce ne erano state richieste solo 8) sono state uno sforzo allucinante, irripetibile e ingiusto, una punizione inaccettabile, un incubo da cui alla fine fortunatamente si esce. Non era immaginabile sbagliare niente perché non c’era tempo per rifare nulla. E il cospicuo budget non ha aiutato, anzi ci ha caricati di responsabilità... e se la sentivamo noi figuriamoci Paolo! Fare una serie come se fosse un film, in questo modo, si può fare solo con un regista come Paolo. Ora non ho più paura di niente tranne che delle serie Tv.
Poggioli e Canfora: Ci siamo rivolti a vere sartorie dove si servono vescovi e cardinali, che sono attentissimi a come si vestono. Hanno calzini bellissimi e, soprattutto gli americani, hanno grandi gioielli, croci vistose. Noi abbiamo usato come ispirazione anche molte cose che sono esposte ai Musei Vaticani e Ratzinger è stato una grande modello, perché indossava anche capi di quel repertorio. Jude Law è stato orgoglioso di portare questi vestiti, si sedeva su uno sgabello per non sgualcirli ed era attentissimo ai costumi, dimostrando un rispetto fuori dal comune per il nostro lavoro.
Bigazzi: Quello strumento antico che è la pellicola finalmente se n’è andato e il lavoro è diventato molto più semplice. Un regista come Paolo concepisce il campo a 360 gradi e quindi tutto può essere inquadrabile. Lui ha un elenco di inquadrature che porta con sé ogni mattina, ma lo tiene segreto anche. Abbiamo avuto attori grandissimi e Jude Law è un genio, anche umanamente straordinario. Abbiamo girato l’ultimo discorso alla seconda o terza settimana di lavorazione, a Cinecittà, e solo venti settimane dopo abbiamo fatto i controcampi a Venezia in Piazza S. Marco, dove lui era ripreso solo di spalle. Avrebbe dunque potuto elencare anche dei numeri a caso, invece ha ripetuto esattamente lo stesso discorso, con la stessa recitazione e le stesse lacrime per aiutare le comparse.
Bigazzi: La cosa più difficile sul set è essere veloci. È una questione di generosità, perché con la rapidità regali tempo a tutti gli altri, anche se lo sottrai al tuo perfezionismo. Io, dipendesse solo da me, non sarei mai pronto…

Masterclass Richard Dreyfuss – da American Graffiti a Madoff

Moderato dalla presidente della Fondazione Cinema per Roma Piera Detassis, Richard Dreyfuss si è lasciato andare a molte considerazioni con affabilità e generosità.
- Lavorando a Madoff ho imparato che non ci indigniamo come dovremmo e che, per esempio, varie organizzazioni che hanno partecipato alla truffa di Madoff sono ancora in attività, nell’indifferenza generale. Per certe banche si è inventata la frase “too big too fail”, ossia troppo importanti perché se ne permetta il fallimento. Vuol dire che sono state risanate dallo Stato, come in una rapina sotto gli occhi di tutti. Abbiamo perso la capacità di arrabbiarci e di restare arrabbiati, abbiamo rinunciato al nostro potere sovrano democratico, al nostro vigilare come società. Guardiamo al nostro Paese come si guarda a un incidente in autostrada.
- La principale difficoltà di interpretare un personaggio come Bernie Madoff è non fare l’occhiolino al pubblico per far sentire la differenza tra attore e personaggio. Molti attori vogliono che i loro personaggi siano amati. Madoff invece doveva essere affabile e sociopatico: non gli interessa nulla dei danni che ha fatto. Ha preso 50 miliardi di dollari da sopravvissuti dell’Olocausto e da vari enti benefici e li ha spesi per sé, in beni assurdamente di lusso, facendo soffrire migliaia di persone.
- Il mio primo pensiero quando mi hanno proposto Madoff è stato: è uno dei personaggi migliori, più stratificati e complessi, che mi siano mai capitati. Sociopatico ma molto amato, sorprendente e con un grande impatto sul mio Paese.

- I film americani non vanno da nessuna parte, sono bloccati come in un loop: hanno tutti gli strumenti per raccontare qualsiasi cosa immaginabile, ma sono senza storie, scrittori e ambizioni di dire qualcosa di significativo. Ormai non sanno nemmeno più che villain inventarsi, dopo i nazisti ci sono stati i terroristi e ora siamo ai mostri giganti dal fondo dell’oceano… Gli studios hanno letteralmente la magia, possono mostrare la mente delle persone, possono fare tutto quello che vogliono, ma non fanno che inventare alieni o robot.
- Un volta suggerivo agli attori di lavorare nel cinema, ma a Hollwyood ormai non ci sono altro che questi sequel e si finisce masticati e sputati. Recitare è una cosa troppo nobile e divertente per essere buttata in questa spazzatura: meglio aspettare tempi migliori e affinare il proprio talento a teatro. Presto o tardi questo sistema basato su blockbuster costosissimi crollerà su se stesso.
- Il cinema è un luogo buio dove si vedono immagini di luce, iper-reali, persone bellissime, umane: è un’esperienza quasi religiosa, mistica, una condivisione trascendente. Una volta si facevano film per il pubblico del Kansas e piacevano anche in Nigeria, oggi invece cercano di fare film direttamente per il pubblico di tutto il mondo, ma non funziona spesso. È necessario tornare a storie più piccole.
- La TV, soprattutto nelle cable, è emersa - credo a sorpresa - come il più incredibile luogo per raccontare storie, dal Trono di Spade a Breaking Bad fino alle serie che ho visto qui come presidente di giuria. Sono cose che non si trovano nel cinema di oggi. Non si può recitare senza grande prosa e purtroppo a Hollywood non la incoraggiano più, ma lo fanno nelle cable Tv. Ho praticamente smesso di andare al cinema e di vedere film.
- Mentre lavoravamo a Incontri ravvicinati del terzo tipo con Spielberg ci siamo accorti di amare entrambi Joe il pilota, con Spencer Tracy e Irene Dunne: la più bella storia d’amore del mondo. Spielberg ha fatto Always, che è un omaggio a quel film, e io ho intrepretato il ruolo analogo a quello di Tracy: è stata la cosa più magica possibile. È stata anche l’occasione per recitare al fianco di Audrey Hepburn, nell’ultima scena dell’ultimo film che ha fatto, dove interpretava Dio. Un immenso onore. Era ancora bellissima, intelligente e aggraziata dal vero come sullo schermo. Era incredibile, trascendente come pochissime attrici sono mai state.

- Mi piace vedere il lato umano di un personaggio oppure una storia che abbia grandi idee. Come attore non mi è mai capitato il tipico maschio alfa, che ha una imprecisata ferita subita da una donna, ed è il preferito di star come Bogart, Tracy e Flynn. Io non sono minaccioso, faccio cose diverse, ma non sto a spiegarle, le lascio dire a voi.
- Non sono nostalgico verso il cinema di una volta. Era la mia generazione e abbiamo avuto la nostra chance, il cinema oggi è molto peggiorato perché gli studios non hanno permesso ai registi di allora, come Scorsese, Mililus e Coppola, di fare i film che avrebbero potuto. Anche Spielberg, nonostante i soldi che ha incassato, non riesce sempre a fare quello che vuole e per farsi produrre Lincoln ha dovuto realizzare un film di scala contenuta.
- Dopo le elezioni presidenziali mi sono preso una pausa da Twitter perché non ho capito cosa sia successo, credo nessuno lo sappia, nemmeno chi credeva di saperlo. Ora dobbiamo vedere cosa vuol dire esserci sbagliati così tanto, dobbiamo fare esperienza di Trump come presidente, sembra la battuta di una commedia ma è anche la cosa più pericolosa che ci è mai successa. E no, non sono ottimista, sono spaventato e dovreste esserlo anche voi. 

Qui tutti gli articoli della rubrica CoseSerie.

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