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PARDO NEWS 2014: Vecchiali traspone un classico russo e punta più alla semplicità rohmeriana, che allo sfarzo scenografico, vincendo la sfida. Tanti piccoli film riusciti nel mio ultimo concitato giorno. Palazzi del cinema e critici fashion.
di alan smithee
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Paul Vecchiali

White Nights On The Pier (2014): Paul Vecchiali

 

Da tempo a Locarno di parla del nuovo Palacinema: quest'anno la prima pietra è stata posta e per la città, tra le locandine di cinema che tappezzano ogni muro,  alcuni manifesti e progetti delineano quelle che saranno le eleganti forme di massima della struttura: che esiste già peraltro, sotto forma di un palazzone dai lineamenti severi son so bene se in abbandono o adibito ad altre funzioni. Lo stesso verrà unito alla geniale ed efficiente rotonda interrata che, garantendo la scorribilità nel punto più nevralgico del centro cittadino, accoglie nel contempo generosamente e protegge come un'oasi inabissata, la gioventù locarnese nelle notti estive, festivaliere e non, con bancarelle etnico/culinaie che sfamano anche noi cinefili,  sempre in corsa da una sala all'altra, divenendo, secondo l'ambizioso progetto, parte integrante della struttura ufficiale del nuovo palazzo del cinema. Staremo a vedere.

 

 Foto

 

L'efficienza svizzera è certamente ancora un dato di fatto e non un banale luogo comune.

Parlando invece di critici, di quelli veri, non certo di quelli come Alan Smithee dunque, quest'anno ho imparato alcune tendenze che, forse ancor più dell'anno scorso, delineano e riconoscono l'individuo tosto, quello che sa il fatto suo, il re della stroncatura impietosa: oltre a parlare sempre ad alta voce, con timbro sicuro che sfiora l'arroganza, in modo che tutti gli altri possano sentire e compiacersi, il critico modello quest'anno, mi pare più che in passato, cura il look in modo preciso e puntiglioso: casacca da pope russo con turbante da Sinuè che l'uomo sfoggia su capello lungo ed unticcio possibilmente, qualora madre natura non abbia già disposto altrimenti con stempiature generose. Ma a vera peculiarità di quest'anno è il sandalo: il critico deve avere obbligatoriamente il piede nudo, meglio se avvolto in scarpine da frate che nascondono superficialmente un piede dalla sommità uncinata. Alan Smithee, che da quando è orfano di Port Cros ha ripreso a correre superando i bus-navetta e fregando i cinefili meno atletici o più pantofolai (sempre di scarpe si parla), porta invece un accessorio chiuso da ginnastica che lo rende scattante, (Poert Cros ben conosce e teme la mia falcata), ma lo fa restare un dilettante allo sbaraglio quale è innegabile che sia. Ma ora bando al colore (o alle scemenze) e veniamo alla mia lunga ultima giornata festivaliera: tanti film e poco tempo: per cause tecniche devo rinunciare a malincuore ad un film in concorso: tocca al coreano Gyeongju (vai a vedere che vince, ed è l'unico a cui ho dovuto rinunciare, fesso d'un Alan!). Dura troppo con i suoi 145 minuti e mi costringerebbe a ritardare l'ingresso del mio terzo film.

 

Astrid Adverbe, Pascal Cervo

White Nights On The Pier (2014): Astrid Adverbe, Pascal Cervo

 

La mattina inizia con il regista più anziano del Concorso, Paul Vecchiali, quello di Once More negli anni'80. Originario corso, classe '30, Vecchiali rilegge l'opera di Dostoevskj trasportandola alla banale quotidianità dei giorni nostri (che gli fa risparmiare decisamente budget da capogiro per scenografie sontuose, bastandogli in questo modo il molo della cittadina marinara di Sainte Maxime, nel Var francese, subito dopo la Costa Azzurra, che il cineasta elegge a teatro della sua concitata vicenda passionale). “NUITS BLANCHES SUR LA JETéE” (ovvero Notti bianche sul molo) celebra l'incontro tra un solitario, timido ed ordinario insegnante elementare di nome Feodor ed una ragazza inquieta di nome Natasha, agitata perché sta cercando da quelle parti il proprio promesso sposo, uomo di mare che tuttavia non è più tornato da giorni rispetto a come avevano pattuito. Insospettita di essere vittima di un tranello o di un plagio crudele, la donna si lascia intenerire da quel timido ragazzo gentile e premuroso, accettando di rivederlo ogni sera in quel posto, ove comunque sarebbe tornata per cercare l'amato scomparso. A poco a poco tra i due estranei nasce dapprima l'affiatamento, poi la simpatia, poi l'amore, non fosse che sul più bello.... La storia la conoscerete e comunque è piuttosto prevedibile, ma ciò non è affatto un problema per il film, vitale e riuscito.

 

Astrid Adverbe

White Nights On The Pier (2014): Astrid Adverbe

 

Vecchiali scarnifica il paesaggio a pochi muri di cemento che tuttavia sono veri e non ricostruzioni teatrali. E' cinema puro come nel caso di Rohmer, reso quasi adrenalinico (parola grossa o provocatoria, mi rendo conto) dal clima di attesa/inganno che cova tra le banchine solitarie e il frusciare delle onde. Vecchiali celebra un suo gradito e riuscito ritorno dopo anni dedicati ad altro o a rappresentazioni per noi inaccessibili.Bravi ed affiatati gli esteticamente ordinari interpreti, tra cui menzionerei in particolare Astrid Adverbe nel ruolo di una trepidante Natasha ballerina.

VOTO ****

 

locandina

Broken Land (2014): locandina

 

BROKEN LAND ci riporta nella valida Semaine de la Critique con i suoi interessanti documentari: la coppia di registi Stephanie Barbey e Luc Peter ci portano al confine vastissimo tra Messico ed Usa, teatro di scontri, tentativi di migrazione a senso unico, di commerci clandestini di stupefacenti e di vite umane come carne da macello. Un muro, strutturato a tratti sotto forma di grate spesse, alte e ricorrenti in acciaio come una prigione a cielo aperto, altre volte come una parete continua e spessa tipo Muro di Berlino, divide due realtà di un unico esodo diretto negli Usa. La barriera diviene un divieto, un ostacolo, un punto fermo per vietare o bloccare una migrazione senza precedenti o quasi, visto quanto succede tra le nostre isole e l'Africa sahariana.

 

scena

Broken Land (2014): scena

 

I due registi intervistano la polizia del luogo, che ritrova e cataloga meticolosamente scheletri e resti umani, o ancora più inquietanti pezzi di giocattoli rotti che denunciano la presenza (e probabilmente la fine per stenti) anche di bambini e neonati, senza riuscire a programmare qualcosa di più concreto e con scopo preventivo o cautelativo; ed intervistano alcuni abitanti della parte statunitense, che si armano e vivono protetti nella legittima consapevolezza della loro titolarità ad usare gli ordigni ogni qualvolta giungesse anche solo un sospetto di intrusione da parte di emigranti o senzatetto. Atteggiamenti che divengono addirittura ossessivi e ci fanno perdere ogni parvenza di umanità in nome di una legge del più forte che davvero ricorda il vecchio Far West. VOTO ***1/2

 

scena

The Iron Ministry (2014): scena

 

In Concorso dopo Vecchiali tocca a THE IRON MINISTRY, opera del regista statunitense J.P. Sniadecki, frutto di tre anni di riprese lungo buona parte della rete ferroviaria cinese. Un continente, oltre che un paese, che ingrana letteralmente una marcia in più e nel quale la ferrovia, da sempre considerata un servizio lento ed inadeguato, diviene il trampolino di crescita e il collegamento di una nazione vasta la cui rete diviene la più impostante e diffusa al mondo, sviluppando ed agevolando i commerci e lo spostamento della popolazione, che si amalgama più facilmente, nel bene e nel male.

 

J.P. Sniadecki

The Iron Ministry (2014): J.P. Sniadecki

 

Il documentario, a volte anche molto ironico e brillante (quando all'inizio un bambino imita con simpatica professionalità la cronaca concitata come una pubblicità dei meriti e delle caratteristiche del servizio, con ironia e sarcasmo davvero acuti, se si pensa che provengono da un ragazzino), non possiede caratteristiche tali da elevarsi rispetto ai bei documentari visti nella già accennata Semaine de la Critique, ma resta in documento interessante e completo su una nazione che scala traguardi in un connubio carne/macchina davvero impressionante.

VOTO *** 1/2

 

Kentucker Audley

Christmas, Again (2014): Kentucker Audley

 

CHRISTMAS AGAIN è una commedia dolce amara indipendente e brillante del Concorso Cineasti del Presente, ambientata nel “periodo più concitato e folle dell'anno, il Natale appunto, periodo malato di frenesia compulsiva da fine esercizio commerciale in cui tutto ciò che si deve vendere, va venduto e in cui si fanno inevitabilmente i conti con le rispettive problematiche e necessità. Il periodo di chiusura dei bilanci, commerciali e di vita.  Seguiamo pertanto un intraprendente venditore di alberi di Natale nel suo concitato momento in cui deve smaltire le scorte di quella irragionevole corsa all'acquisto del simbolo per eccellenza delle feste, che genera anche un fenomeno di disboscamento fuori da ogni ragionevolezza, in nome di un rituale assurdo destinato a venir cestinato dopo pochi giorni e a generare un monte di spazzatura e di rifiuti. Solo a causa di una storia personale e sentimentale poco chiara, ma di cui si intuisce la triste soluzione finale, l'uomo si imbatte, dopo una consegna di merce, in una ragazza semi-svenuta nel parco vicino alla roulotte posta in Central Park, ove l'uomo vive essendovisi trasferito e ove offre un servizio di vendita non-stop coadiuvato da una coppia di amici apprendisti. L'atmosfera natalizia rivela come molta della gente cerchi di simulare una felicità che non fa parte integrante del proprio mondo, e di come la situazione precaria dell'uomo sia un punto in comune triste di molte esistenze costrette a fare i conti con la solitudine e l'incomprensione di chi ci vive vicino. Un piccolo film riuscito ed emozionante che colpisce al cuore.

VOTO ****

 

Lucio Hernández, Félix Marchand, Pedro Dalton

The Enemies of Pain (2014): Lucio Hernández, Félix Marchand, Pedro Dalton

 

Sempre ne Cineasti del Presente, LOS ENEMIGOS DEL DOLOR è un altro piccolo film riuscito: un noir ironico ma semi-serio ambientato a Montevideo, tra le strade malfamate e deserte popolate solo da “chi non è riuscito a scappare prima”: da zombie, rifiuti della società che circondano un povero e maldestro attore tedesco scappato per amore dalla propria Europa, e subito nei guai una volta sceso dall'aereo.

 

Lucio Hernández, Félix Marchand, Pedro Dalton

The Enemies of Pain (2014): Lucio Hernández, Félix Marchand, Pedro Dalton

 

A difenderlo da nemici che sembrano usciti da un fumetto pulp, un ex tossico di nome Pedro, scontroso ma collaborativo, ed un guardiano taciturno di nome Nelson, distrutto da quando la moglie lo ha abbandonato. Tre individui sopraffatti da un dolore che li ha come inebetiti rendendoli goffi, apparentemente indifesi, di certo vulnerabili. Sullo sfondo lo sfruttamento sessuale di minori, la malavita che ti stringe il collo soffocandoti, una notte senza fine tra quartieri degradati e bui, resi da incubo parodistico da una scenografia che punta su colori vivi e caldi contrappuntati albuio delle tenebre, e pure alla musica elettronica ossessiva che ricorda i capolavori di Carpenter. “El diablo dimora aqui” si legge ad un certo punto sul muro, e sullo sfondo il volto attonito del nostro stralunato protagonista smilzo ed imbranato ci fa capire che è proprio vero. VOTO ****

 

scena

Navajazo (2013): scena

 

NAVAJAZO, del messicano Ricardo Silva, è una docu-fiction che ci porta nuovamente nei territori di confine: a Tijuana, tra Messico ed Usa, sul letto asciutto del fiume omonimo, si incrociano le vite senza scampo né futuro di un popolo che sopravvive di espedienti, sfidandosi in lotte corpo a corpo, vendendo il proprio corpo in cambio di una dose, mentre seguiamo nel contempo i progetti folli di un regista porno che ambisce a manifestare e girare il primo film in cui amore e pornografia finiscano per celebrare un unico sentimento che si traduca nella passione pura e totalizzante: il sesso come strumento privilegiato dell'amore. Sullo sfondo un sinistro, quasi macabro collezionista di giocattoli e pupazzi, un attore porno con tatuaggio/smile sul membro, e altre folli divagazioni di una umanità che appare decisamente sopraffatta e avvinta ad un abbruttimento più irrecuperabile.

scena

Navajazo (2013): scena

scena

Navajazo (2013): scena

 

Un film tendenzioso e platealmente violento o crudo, che non riusciamo a comprendere, né dal punto di vista del messaggio, dato che non accenna a soluzioni (che forse nemmeno ci sono), né tanto meno come contenuto, storia o concatenamento di vicende slegate tra di loro e poco amalgamate o amalgamabili. Un falso documentario irritante e tendenzioso.

VOTO **

 

locandina

Los Hongos (2014): locandina

 

LOS HONGOS, produzione colombiana sempre nell'ambito del Concorso Cineasti del Presente conclude positivamente la nostra avventura festivaliera svizzera. In sala il regista e i due giovani teneri protagonisti, due adolescenti con ambizioni da graffitari e diversi problemi da risolvere: uno si muove sempre in skateboard (e l'attore giunge il sala simpaticamente con l'attrezzo/mezzo di trasporto in mano), lavora come muratore ma, scoperto a rubare pittura per i suoi ambiziosi progetti, viene licenziato. L'amico vive ed accudisce la nonna malata di cancro in luogo dei genitori, separati ed in lite tra loro.

 

Calvin BuenaventuraTascón, Jovan Alexis Marquinez Angulo

Los Hongos (2014): Calvin BuenaventuraTascón, Jovan Alexis Marquinez Angulo

 

Un progetto ambizioso di un disegno complesso che possa includerli è una sfida che i due bravi ragazzi riusciranno a vincere nonostante le avversità e le contraddizioni idi un mondo adulto ma ugualmente immaturo. Un film tenero da sostenere e incoraggiare.

VOTO ***!/2

 

E' già notte fonda e mi spetta un viaggio di ritorno piuttosto lungo, utile per raccogliere i pensieri e tirare le somme di questa indigestione cinematografica esaltante e formativa.

 

 

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