il film di peter weir è davvero magico. per caso ho acceso la tivù e c'era il picnic. l'avevo visto che non era tanto, ma non sono riuscito a prendere il telecomando e a cambiare. la mia volontà voleva ma non il mio cervello. ho una volontà debole e un cervello stanco e così tra i due l'hanno avuto vinta gli occhi... un pò meno la schiena dato che l'ho rivisto quasi per intero su di una sedia. a tutt'oggi il mistero rimane inestricabile. però tre ragazze ed un'insegnante si sono alzate e incamminate tra arbusti e tronchi rinsecchiti nelle viscere di una roccia magnetica. una è tornata ma delle altre nulla si sa. la natura si insinuava su quei corpi nobili e cittadini, riappropriandosene... si è scoperto che il triangolo delle bermude non è maledetto da incantesimi e che gli ufo proliferano nelle mente di spielberg. molte navi e aereoplani giacciono nei fondali marini. ma come mai i cadaveri, i corpi non furono mai ritrovati?... fuggite dalle restrizioni di una società per loro invivibile?... la natura selvaggia spaventa, sciocca, in una qualche misura stupra.. le ragazze erano integre, per fortuna integre, poco importa se poi la mente era, paff!, volata via tra quelle rocce. nessuno le aveva spezzate, colto il loro fiore... non mi piacciono i fiori recisi. il viso di miranda rimane anche allo spettatore, ma in tutto quel perbenismo, mio dio quante morti in poco tempo. le inibizioni troppo inibite implodono e si muore... tra i fiori di una serra, ai piedi della roccia del sogno o tra un crepaccio su un ghiacciaio. la presa non regge e l'amata scivola inghiottita dalle nevi eterne. si sopravvive ad una guerra, ma non alla perdita di una perona amata che non si ha avuto nemmeno il tempo di conoscere. charles si dispera perchè non sa il suo colore preferito. il tempo passa e secondo un detto avrebbe dovuto curare le ferite. solo la morte le potrà sanare. morto lui come mai potrà ricordarsela. la morte fisica poichè la morte della voglia di vivere già è in atto. specializzato in fotomontaggi in cui offre ai genitori che hanno perso un figlio in guerra, una foto insieme a lui post mortem. la faccia è la sua, il corpo no! avanza così, di giorno in giorno, fino a quando una signora le porta una foto di sua figlia con una fata... lui non crede in niente, si diletta a smascherare le foto di sedicenti fotografi di fate in città, ma ingrandendo e ingrandendo l'occhio della bimba si accorge che ciò che potrebbe essere una fata è riflessa nella sua pupilla. è disperato il bisogno di credere in qualche cosa, come si fa a non credere a nulla... così si dirà, come si mangia e si dorme, non si crede. peut-etre, peut-etre. ma per charles è difficile credere di non poter più vedere la moglie e di non credere di rivederla nel paradiso acclamato dalla chiesa in cui lui naturalmente non crede.è forte, troppo forte, ma è forte troppo sapere che le fate possono essere viste grazie ad un fiore che masticato e ingerito diventa una potentissima droga. morire è forse l'unico modo per ritrovare la moglie e riuscire a tirarla su dal crepaccio. romy schneider invece nuda a letto dice felice che ha voglia di vivere: "... ho voglia di vivere a lungo" e mi è sembrata una cosa talmente straordinaria da sentire come se fosse una novità. una vita è troppo poca per amare cesar e david, e il film di sautet è un inno alla vita, alla voglia di vivere, di satre coi figli, coi parenti nella casa dell'infanzia. stare bene, saper godere e apprezzare l'ozio, deliziarsi col far niente o quasi. leggere stravaccato sul divano e tirar sera, aspettare il film delle 21, andare a letto e addormentarsi in quindici, venti minuti. woomera a tutti