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Non è più tempo d'eroi

Regia di Robert Aldrich vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Non è più tempo d'eroi

di rocky85
8 stelle

Too Late the Hero recita il titolo originale. Troppo tardi per gli eroi. Anche per quelli discutibili ma ancora fortemente morali tipici del cinema di Robert Aldrich. Anche loro cedono il passo, in una allegra ballata di guerra nella quale conta soltanto sopravvivere. Ultimo capitolo di una ideale pentalogia bellica, Non è più tempo di eroi ne costituisce il tassello forse più pessimista e radicale, pur avendo molti punti in comune con quelli che sono comunemente considerati i più riusciti, ovvero Prima linea e Quella sporca dozzina.

Siamo nelle nuove Ebridi, dove l’esercito inglese ha messo in piedi un piano per distruggere una importante postazione radio dell’esercito giapponese situata in piena giungla. Per portare a compimento la missione, gli inglesi hanno bisogno di un uomo d’azione che conosca bene la lingua giapponese. L’uomo viene individuato nel tenente americano Lawson (Cliff Robertson), lavativo che da tempo ormai trascorre il suo tempo in spiaggia, evitando spudoratamente i campi di battaglia. Lawson inizialmente tenta di desistere, cerca scuse e afferma che non vuole imbarcarsi in una impresa insieme a “un branco di puzzapiedi che passa il tempo a farsi sparare addosso”. “Sei stato imboscato come un ragno in un buco e neanche ti vergogni!”, lo rimprovera duramente il capitano interpretato da Henry Fonda. Spedito nelle Ebridi, Lawson capisce subito che non c’è tempo per i convenevoli: si parte immediatamente, con una sola mezz'ora di preavviso perché “con mezz’ora non resta agli uomini il tempo di rammaricarsi del loro destino”. La missione puzza di suicidio fin dall’inizio, con i soldati costretti ad attraversare una radura apertamente sotto il tiro nemico, perché il territorio all’esterno è minato. E, tra capitani imbecilli e vigliacchi e soldati "carogne", l’impresa smaschera le reazioni dei vari personaggi come specchio dei comportamenti umani, e ognuno reagisce mettendo a nudo le proprie meschinità o le proprie incapacità di comandare.

Sceneggiato insieme a Lukas Heller e realizzato due anni dopo Quella sporca dozzina, Non è più tempo di eroi ne replica il tono scanzonato e cinico. La guerra è un gioco (non) di squadra, nel quale vince chi sopravvive, chi è più furbo e chi gioca meglio la sua partita. Le battaglie e gli scontri assumono sempre di più i connotati di un match di football, cosicché anche i gesti eroici non sono mai visti come tali, ma solo come logiche conseguenze di una disperata lotta per la sopravvivenza. “E' stata una grande partita oggi allo stadio della giungla!”, esclama uno dei soldati che si sono sparati a vicenda tra di loro per colpa di un inetto capitano che li ha schierati in modo suicida. Alla fine gli impettiti imbecilli in alta uniforme e gli infami crepano, mentre gli scansafatiche e quelli più furbi resistono, giocandosi la vita in un finale mozzafiato tra i più belli ed emozionanti che il genere ricordi: una corsa a perdifiato nella radura aperta al tiro nemico, una indimenticabile galoppata verso la salvezza.

Gli eroi? No, non ci sono più. E se anche ci fossero, poco importa.

“Quello era un vero eroe. Ha ucciso quindici sporchi giapponesi, tutto da solo!”

“Ne ha uccisi quindici?”

“Trenta... Faccia lei!”

 

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