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L'eredità Ferramonti

Regia di Mauro Bolognini vedi scheda film

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Dany9007

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'eredità Ferramonti

di Dany9007
8 stelle

Un'ambientazione di trame e complotti familiari che più volte mi ha ricordato i romanzi di Emil Zola nel ciclo dei Rougon-Macquart: con Roma al posto di Parigi sullo sfondo, entrambe teatro di nuove speculazioni edilizie, proprio come ne La curée, dove la nuova Parigi sarebbe sorta per far spazio ai fasti voluti da Napoleone III,  qui assistiamo al progetto di una nuova Roma, ormai capitale del Regno con gli argini del Tevere da ricostruire insieme a tanti altri palazzi (speculazioni di cui lo stesso Zola parlerà in un'opera dedicata proprio alla capitale italiana dal titolo, Roma). Un'altra similitudine tra la letteratura di Zola e questo film l'ho notata nel parallelismo tra il declino della moralità dei personaggi, a cui ne corrisponde uno fisico, con l'alcol come rimedio (e veleno) per tutte le tragedie della vita, qui nel personaggio del fragile Pippo, che proprio come l'onesto Coupeau, ne L'ammazzatoio sarà devastato dall'alcol, disperato ma impotente nel vedere la propria moglie concedersi ad un altro. A parte queste somiglianze (che ribadisco sono solo una mia impression/riflessione, tanto che non ho ancora letto il romanzo di Gaetano Chelli da cui è tratto il film), si può solo ribadire la bellezza di questa pellicola che, con ben pochi tempi morti, cosa non facile in una vicenda dove sostanzialmente non c'è azione, fa trasparire un senso di inquietudine e di attesa che lascia il fiato sospeso per tutta la sua durata. Il gioco d'attori è magnifico, al da poco compianto Proietti, in un ruolo pudicamente disperato, fa da contr'altare il più esuberante Anthony Quinn, in un ruolo a lui ben congeniale del padre padrone, rude, dispotico e coriaceo. Entrambi saranno vittime, così come altri familiari (il belloccio Fabio Testi nel ruolo del donnaiolo) del fascino e dell'acume di Irene, interpretata splendidamente da Dominique Sanda, capace di far perdere la testa a chiunque e di buttarsi (letteralmente) anima e corpo in ogni impresa, pur di riuscire nei suoi obiettivi di speculazione. Tuttavia, questo sottobosco di proletari romani, bramosi di arricchirsi, ribelli al padre ma legatissimi al suo denaro, è contrapposta la nuova classe dirigente del nord Italia, impersonificata nel mellifluo Paolo Furlin (un ottimo Paolo Bonacelli) che insieme alla moglie, una delle sorelle Ferramonti, riuscirà a spuntarla sull'intera famiglia, oltre che riuscire nell'ambizioso incarico di divenire senatore del Regno. 

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