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Alien: Covenant

Regia di Ridley Scott vedi scheda film

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La recensione su Alien: Covenant

di Zagarosh
7 stelle

Premessa fondamentale: io considero Prometheus (pur con le sue lacune) non solo un bella opera sci-fi, ispirata e divertente, ma il grande “come back” di Ridley Scott a quella concezione di cinema prettamente visiva ed estetica che lo aveva segnato agli inizi della sua carriera, dopo un periodo pieno di lungometraggi noiosi e verbosi (con qualche sporadica eccezione). Da lì in poi è stato un susseguirsi di lavori in cui il cineasta inglese ha cercato di sfidare con una regia audace delle sceneggiature spesso scricchiolanti (quella dello stesso Prometheus, ma anche quella dozzinale di Exodus e quella retorica di The Martian), trovando forse il miglior equilibro nel tanto disprezzato The Counselor.

 

È chiara la volontà del regista di allontanarsi dalla asciuttezza e dalla semplicità del primo Alien, per voler invece approfondire la mitologia cominciata con Prometheus e cercare di adempiere alle proprie ambizioni di creare una storia filosoficamente interessante (il rischio, naturalmente, è quello di cadere nel ridicolo). Questo sequel è però un lavoro più lineare del suo predecessore, che spinge il pedale sulle fasi di azione e trova i suoi momenti migliori quando abbraccia il b-movie. La ciurma è decisamente meno carismatica di quella composta da Idris Elba, Rapace e Theron nel prequel, e veri protagonisti della storia sono i due fenomenali androidi con le sembianze di Fassbender (David, reincarnazione del Peter O’ Toole di Lawrence d’Arabia, e Walter, ispirato a Leonard Nimoy). Essendo un vero e proprio sequel di Prometheus, questo nuovo Alien ne ripropone sia i vizi di sceneggiatura (e le sue trovate un po’ grossolane) sia la tavolozza di colori che lo aveva reso così affascinante. Qualche scivolone c’è e non lo si può nascondere. Ma Ridley Scott è ancora il numero uno nel coniugare il fascino del “grande vuoto” spaziale con il terrore carnale che questo può generare.

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